A proposito di udienze telematiche

Che cos’è, di preciso, che spinge molti avvocati a scagliarsi contro i nostri rappresentanti per avere condiviso una norma che legittima, in pochissimi e circostanziati casi, la celebrazione telematica di udienze nelle quali non si assumono prove e non si procede a discussione?

Dove sarebbe, in altre parole, il vulnus alla funzione difensiva, e, in particolare, un vulnus così grave da giustificare – quasi – toni da tregenda?

Intanto, se non sbaglio, i principi del 111 (dovrei dire: previsti dall’articolo 111 della Costituzione, ma cedo ad un linguaggio meno aulico) sono rispettati: il contraddittorio è salvo. Lo è in linea di principio, per l’ambito ristretto dei casi in cui il processo a distanza è ammesso, e lo è, anche, se il difensore chiede, comunque, che si seguano le forme ordinarie.

Salvo il 111, vediamo se lo è il 24, vale a dire se, anche indirettamente, il diritto di difesa subisce un pregiudizio dalla distanza degli interlocutori, più che dall’impossibilità di interloquire. Mi sembra di no, ma attendo smentite.

Piuttosto, però è storia vecchia, occorrerebbe dire che l’espulsione dall’aula, in forza di legge, degli imputati detenuti, non va affatto bene. Tuttavia, come dicevo, è storia vecchia, anzi: battaglia perduta.

Bene, invece, per l’introduzione – che speriamo si stabilizzi – dell’informatica in riferimento ai depositi. Peccato che il portale del Ministero non sia attivo. Anche questo è poca cosa: come dovremmo avere ormai capito, trattasi di circostanza del tutto marginale e irrilevante per un Governo che col diritto ha litigato da molto tempo e con i diritti ha poca dimestichezza.

Io penso che una questione di nullità, incompetenza, inutilizzabilità possa essere svolta anche a distanza (direi preferibilmente per iscritto), senza che l’efficacia degli argomenti sia compromessa.

Il problema, piuttosto, è un altro: che sentano e, soprattutto, che ascoltino.

Aggiornato il 30 ottobre 2020 alle ore 12:05