Sembrava una sorpresa. Era invece uno stratagemma burocratico dell’editore per non far decadere la testata. L’Unità, il giornale fondato dal filosofo marxista Antonio Gramsci, si è presentato in edizione speciale: quattro pagine dedicate all’anniversario dell’uccisione del giudice Giovanni Falcone e della sua scorta nella strage di Capaci del 1992. Direttore responsabile il giornalista abruzzese e senatore del Movimento 5 stelle Primo Di Nicola, una trentina d’anni all’Espresso prima di collaborare al Fatto Quotidiano online. A distanza dell’ultima volta quando il giornale uscì con la firma di Maurizio Belpietro, che registrò la forte reazione dei giornalisti bloccati dal 2017 che considerarono l’affidamento della direzione editoriale “un insulto alla nostra storia e a quella del giornale”. Questa volta per Di Nicola i giornalisti “prendono atto che a firmare il numero speciale sia un giornalista senatore del Movimento 5 stelle”.

Lo stato d’incertezza riguarda la strategia dell’azienda di proprietà della società Piesse di Guido Stefanelli e Massimo Pessina che finora non ha portato alcun risultato positivo. Anzi dal 31 dicembre 2019 si è concluso il periodo di Cassa integrazione per i giornalisti e da allora “ventisei famiglie vivono un limbo drammatico. L’Unità srl non ha dato avvio alle procedure di licenziamento, presumibilmente per non pagare ai lavoratori le spettanze che sono loro dovute per legge. Ha preso tempo inseguendo nuove possibilità di Cassa integrazione che, di fatto, avrebbe posto i giornalisti fuori dal contratto nazionale ed ha avanzato ancora una volta l’ipotesi di cessione dell’azienda”. In un comunicato le giornaliste e i giornalisti dell’Unità osservano che “dal primo gennaio sono in carico formalmente all’azienda, pur non ricevendo retribuzione e busta paga e di conseguenza non possono accedere a nessuna forma di sostegno al reddito né attraverso la disoccupazione, prevista per legge, né attraverso gli aiuti varati dal governo per fronteggiare la crisi del Coronavirus”. Nonostante tutte queste difficoltà tutti hanno lavorato alla realizzazione dell’edizione speciale “dimostrando l’attaccamento ad una testata che è parte fondamentale della storia del Paese”.

Un groviglio di situazioni tecnico-giuridiche di non facile soluzione. Complicazioni aziendali e sindacali anche alla Gazzetta del Mezzogiorno dopo l’ennesimo annuncio di disimpegno dell’editore Mario Ciancio Sanfilippo al quale il Comitato di redazione ha scritto una nota per dimostrare che “i giornalisti sono le vere vittime della crisi” ed espresso ancora una volta la volontà d’impegnarsi per il rilancio del giornale. Clima di tensione anche al Gazzettino di Venezia dove i sindacati e la Federazione nazionale della stampa protestano per l’ipotesi di far diventare “la regola” l’esperimento dello “Smart working” utilizzato in questi mesi della quarantena imposta dalla pandemia da Coronavirus. È stato trovato, invece, un accordo alla Stampa del neo direttore Massimo Giannini sulla riduzione dei costi: un anno di solidarietà al 15 per cento, forfettizzazione degli straordinari, taglio delle collaborazioni. L’intesa, che era stata perfezionata sotto la direzione di Maurizio Molinari, è stata approvata dall’assemblea dei redattori con 121 voti favorevoli, 40 contrari e 15 astenuti. Un accordo che dovrebbe tutelare i redditi più bassi, permettere la stabilizzazione di 3 giornalisti che avevano lavorato con contratti a termine e l’assunzione entro l’anno del corrispondente della cronaca, mentre vengono congelati gli 8 trasferimenti da Roma a Torino.

Aggiornato il 26 maggio 2020 alle ore 11:25