
L’unico surriscaldamento globale sicuro è indubbiamente quello delle piazze in cui si riversano masse di giovani, eccitati dal fatto di aver trovato un nuovo obiettivo sulla base del quale si possa urlare e ballare, sentendosi protagonisti di qualcosa purché sia “contro”. È una vecchia realtà che si sta verificando anche oggi e che, grazie alla globalizzazione delle comunicazioni a basso costo, può essere innescata con relativa facilità e rapidità. Per farlo, è necessario disporre 1) un problema collettivo sul quale vi sia un coinvolgimento emotivo unanime o quasi; 2) un personaggio con cui il pubblico si identifichi empaticamente senza difficoltà; 3) un’abile consulenza senza scrupoli in fatto di comunicazione.
Il caso di Greta Thunberg è altamente e tristemente istruttivo. Se, come appare ovvio, la poveretta è il risultato di un’operazione di laboratorio dove i tre fattori sopra citati sono stati accuratamente studiati, è singolare che nessuno, data la sua età, proponga un’azione legale a sua tutela e di condanna degli organizzatori che certamente stanno dietro le quinte.
Tuttavia, non solo non accade tutto questo ma accade addirittura il contrario: ad osannare la ragazzina sono le più alte autorità mondiali, tutte lì umilmente silenziose ad ascoltare la “verità” e a mostrare sussiegosa ammirazione per chi la rivela. Mancano solo i complimenti del Padreterno e poi il circolo sarebbe al completo. Oggi si chiamano influencer, ma sono la stessa cosa dei classici opinion leader costruiti a tavolino o, forse ancor più, dei profeti di sventura, nei confronti dei quali gli esseri umani hanno una predilezione innata.
D’altra parte, l’aspetto più triste riguarda la scienza, in altri casi considerata poco attendibile e magari collusa con interessi poco lodevoli e, ora, di fronte ai “cambiamenti climatici”, messa sull’altare dell’indiscutibilità. In effetti, i tanti, ragazzi o meno, che stanno partecipando alle manifestazioni di questi giorni, invece di chiedere con forza un dibattito pubblico fra sostenitori e detrattori in tema di mutamento del clima, in modo da sentire, come si dice, le due campane, hanno già deciso che la verità sta nei primi e gli impostori, o gli incompetenti, sono i secondi.
Ciò non deve peraltro stupire perché i movimenti di questo tipo non amano la riflessione pacata e lo studio, magari faticoso, delle ipotesi su questo o su quello. Ciò che stupisce, semmai, è l’indisponibilità generale, in particolare degli uomini politici, ad affrontare il tema in questione con un minimo di approfondimento. E si tratta di un atteggiamento assai grave perché gli interventi che si vorrebbero predisporre per “lottare” contro le mutazioni climatiche assorbirebbero una quantità di risorse finanziarie mostruosa, molto più elevata di quella affrontata dall’insieme degli Stati durante la Seconda guerra mondiale.
Così, facendo confusione fra inquinamento e innalzamento della temperatura, ignorando la differenza fra plastica e anidride carbonica, credendo ciecamente che l’attuale fase climatica sia senza precedenti e trascurando del tutto l’attività solare, lo spostamento dell’asse terrestre, i consumi e i comportamenti dei sette miliardi di persone (e di animali) che, oggi, popolano la Terra, contestatori inclusi, milioni di persone si agitano con la bava alla bocca chiedendo – chissà a chi e con quali precise azioni da compiere – la Salvezza del Pianeta.
Il fatto è che l’espressione “cambiamenti climatici” sta davvero diventando un asfissiante dogma contro cui è difficile combattere. Una di queste sere, il redivivo Alfonso Pecoraro Scanio, per rispondere ad un interlocutore che citava le centinaia di scienziati che non credono all’eccezionalità della fase climatica che stiamo attraversando e, comunque, alla possibilità che essa sia dovuta all’azione dell’uomo, non ha trovato di meglio che sottolineare il fatto che, quegli scienziati, non rappresenterebbero se non l’uno per cento. Questo è il punto più pericoloso dell’intera faccenda: sull’attività letale, poniamo, del monossido di carbonio o del morso di un serpente a sonagli nessuno scienziato ha dubbi, ma così non è per quel che riguarda il cambiamento climatico. Ricordando, dunque, che la scienza si è sempre sviluppata sulla scorta di teorie e ipotesi le quali, di volta in volta, erano osteggiate dai più, sarà bene dichiarare apertamente il principio liberale secondo cui, quando la maggioranza è straripante, è giunto il momento di ascoltare attentamente gli argomenti della minoranza. Ma è difficile farlo in piazza.
(*) Ordinario di Metodologia delle Scienze umane, Università di Urbino “Carlo Bo”
Aggiornato il 25 settembre 2019 alle ore 16:28