Tana alla Volpe: chiude “Mezzogiorno in Famiglia”

Chiude Mezzogiorno in famiglia, il programma che dal 1993 intratteneva casalinghe e anziani sulle reti Rai. Da più parti gridolini di giubilo. Da altre, quelle dei trombati eccellenti che dovranno ricollocarsi sul mercato del lavoro televisivo, per il quale non ci sono concorsi ma solo rapporti di ferro, moti e sfoghi di dispiacere e incredulità.

Tra questi il maestro Gianni Mazza, che per anni è stato uno dei volti del programma (anche se in molti non hanno mai ben capito perché), Massimiliamo Ossini, il più spremuto dei contrattualizzati Rai a ritmi di quattro programmi l’anno (quando c’è chi non ne ha mai avuto neanche uno) e una delle conduttrici storiche, Adriana Volpe, la quale non si capacita della scelta e che, avendo già esternato pubblicamente il suo disappunto, in passato ha ricevuto una lettera di richiamo.

Ripeto: ha ricevuto nel 2017, dall’azienda per la quale non è più sotto contratto dal tre giugno scorso, una lettera di richiamo per aver espresso opinioni personali sulle decisioni dei vertici aziendali. Eh sì, funziona così. Cara Adriana, permettici di spiegartelo affettuosamente e con parole semplici e concetti facili come quelli che i programmi come Mezzogiorno in Famiglia hanno sempre utilizzato per il loro pubblico semplice: a volte è utile chiudere dei programmi che per gli stessi conduttori sono stati una trappola mortale, l’emblema dell’immobilismo assoluto della televisione di Stato dove anche i più bravi trovano spazio solamente grazie alle stesse cricche, agli stessi dirigenti, negli stessi programmi, nelle medesime fasce orarie che hanno finito per distruggere, anche se non in termini di ascolti. Muli sul circuito.

E chiunque cerchi di riciclarsi altrove finisce a fare le televendite dei materassi e delle reti ortopediche, probabilmente trainando il pubblico di riferimento che è lo stesso di tutti i programmi di Michele Guardì. È così, c’est la vie, baby, perlomeno qui in Italy. Non si può avere nulla contro certi programmi che, nel bene o nel male, hanno fatto la storia della televisione italiana, hanno portato sullo schermo le persone, la gente, le storie, la retorica quella veramente e bassamente populista ante litteram, hanno creato piazzette kitsch che col tempo, purtroppo, sono degenerate in cortili e poi in aie colme di starnazzi fino ad essere un misto tra banale e becero per anzianotti poco alfabetizzati e pettegole di bassissima risma.

Ma anche l’anzianotto poco alfabetizzato è servizio pubblico, o almeno lo era, finché non siamo entrati nell’era della pay tv prima e dei contenuti on demand poi e del dare un senso ai bilanci consolidati ora. Vedi, tu non sei becera, eppure soltanto lì, o quasi, o comunque in format fotocopia ormai antichi come il cucco, ti hanno utilizzata, ma non si può dire che tu non sia cresciuta: da modella, a valletta a conduttrice laureata online col massimo dei voti.  Molti altri, decine, uomini e donne, da quel programma sono passati e sono praticamente spariti. Pensiamo a personaggi del calibro di Antonio Zequila... Dovresti ringraziare che anche il rimbombo del “litigio famoso” ti abbia tenuta in pista.

Sarà certamente difficile rinunciare alla sagacia di Giancarlo Magalli che, troverà, da bravo, bravissimo autore, un’altra collocazione facilmente; sarà difficile rinunciare all’oroscopo di Paolo Fox che, sempre uguale a sé stesso, ci ha svelato gli arcani misteri delle sfere celesti per anni. A cosa, allora, non sarà difficile rinunciare? Alle dirette burine dai paesini in gara con l’immancabile pizzica, l’assaggio, il profumo del sugo che “in tv non si sente”? E la tarantella? Alle gare di involtino in piazza con la massaia lucana o levantina? Alle interviste a personaggi locali fermi nel tempo che rasentano il grottesco quando non un sadico ridicolo?

La lettura dei giornali? Spazi ritagliati su macchiette umane che avrebbero dovuto essere comiche ma che non facevano più ridere nessuno nemmeno il pubblico in studio, che tanto prenderà lo stesso la sua diaria a spese dei pagatori del canone in qualche altro programma tenuto in vita per non uccidere l’indotto? La verità, cara, è che i tempi cambiano, la televisione popolare non è più quella, la gente si annoia e costa meno un telefilm, come pare abbia intenzione di mettere Carlo Freccero al sabato.

Adriana, ma perché vorresti rimanere dove dici che ti hanno demansionata? Non sei contenta che finalmente in Rai assumeranno gente nuova, facce nuove, conduttrici nuove, autori nuovi, giornalisti nuovi, dirigenti nuovi? Certo, ci vogliamo credere, no? Il mondo è pieno di professionisti bravissimi e professionalissimi senza contratto. Benvenuta nel club. E se, come già si vocifera, dovessi finire in un reality... beh, meglio quello dei materassi.

 

Aggiornato il 06 agosto 2019 alle ore 10:31