Fatti e congetture

Che l’economia non sia mai stata di casa presso i partiti di sinistra non è certo una novità. Essi, sulla pesante scorta di un Pci che, per alcuni decenni, non ha fatto altro che ribadire tutte le sentenze di Carlo Marx, anche se sonoramente smentite dalla storia economica, pensano all’economia come a un male necessario e al ministero che se ne occupa come ad un luogo in cui “ci sono i soldi” o, comunque, dove si potrebbero decidere misure per prelevarli a chi ce li ha. A dimostrazione di tutto questo, valga il recente intervento al senato di Antonio Misiani, del Pd, già viceministro dell’economia e responsabile per l’economia dello stesso partito. Con un’ardita affermazione Misiani ha sostenuto che, se l’Italia non avesse i fondi del Pnrr, sarebbe in recessione. Come dire che, se un malato non avesse assunto i farmaci necessari, sarebbe morto. Oppure, come dire che, se il Pnrr non ci fosse, il Governo non avrebbe fatto alcunché, cosa tutta da dimostrare, per ridare slancio all’economia dopo la crisi pandemica. In definitiva una congettura gratuita poco accettabile persino al bar.

L’aspetto più triste sta tuttavia nel fatto che affermazioni di questo tenore testimoniano il deterioramento ulteriore di una polemica politico-economica che non trova nell’attuale opposizione alcuna seria capacità di analisi e di proposta. In tema di crescita, per esempio, la sinistra, da sempre, ha in mente solo il deficit spending ossia una mitica misura keynesiana che sembra fatta apposta per solleticare le numerose ambizioni di spesa indipendentemente dal fatto che si tratti di investimenti oppure di soldi buttati dalla finestra che, poi, presentano il conto in termini di debito pubblico. Il perenne richiamo dei politici di sinistra alla necessità di “mettere più risorse” in questo e in quello si inquadra esattamente in questa bella filosofia: fare debito non tanto per incentivare la produzione ma per far stare meglio gli italiani distribuendo ricchezza che non c’è. Si tratta di una teoria che, in fondo, fa leva sull’idea che lo Stato abbia un patrimonio e debba liberare i cordoni della borsa. Insomma, a metà strada fra San Francesco, grande santo ma pessimo economista, e Landini il quale, invece di pensare a trattare nei modi classici di un sindacato per ottenere salari più alti, preferisce prendersela col governo e pretendere, appunto, la “patrimoniale” senza chiedersi se serva davvero.

Dopo decenni di “lotta” contro i “padroni”, il fatto che il benessere sia perseguibile solo attraverso la crescita economica vera − quella ottenibile con investimenti in infrastrutture utili per le imprese di ogni genere − e non in termini di debito, si è ormai insediato anche nel cervello dei politici di sinistra. Ma solo a parole. Per loro il modello ideale è e rimane l’intervento dello Stato. Come conclusione, credo sia allora rilevante citare il pensiero di un importante economista italiano, già deputato dello stesso Pd e bocconiano come Misiani ma, evidentemente, persona davvero libera da ristagnanti dogmi statalistici. Scrive Giampaolo Galli “confidiamo che i guai provocati dal superbonus 110 per cento siano una chiara lezione sui limiti di politiche di bilancio espansive. Non c’è dubbio che il superbonus abbia sostenuto la crescita dell’economia nel 2022 e nel 2023. Ma già nel 2023 e poi più ancora nel 2024 e nel 2025 si è manifestato con grande evidenza l’effetto del superbonus sul deficit e sul debito. Il risultato è che ora e per vari anni l’Italia è costretta ad attuare politiche sostanzialmente restrittive e comunque molto prudenti. La lezione è che la crescita non si può fare con il deficit. Ciò che serve è la produttività, che vuol dire ricerca, innovazione, competitività e riforme per rendere efficiente l’intero sistema Paese”. (https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-la-lezione-del-superbonus-110-che-andrebbe-insegnata-nei-corsi-base-di-macroeconomia).

Se non bastasse, suggerisco ai circoli del Pd una rilettura di Einaudi e Schumpeter, se non altro per evitare di difendere tesi riconosciute come indifendibili, talvolta, persino a sinistra.

Aggiornato il 24 novembre 2025 alle ore 11:18