
Mentre non risulta che nella storia del pensiero e nella pratica liberale, ma anche socialdemocratica e persino democristiana, qualcuno abbia mai sostenuto che l’odio sia annoverabile fra le categorie politiche, nella sinistra italiana, e non solo, il termine e il concetto in questione ha un’abbondante rappresentanza.
Il termine klassenhass, odio di classe, è ricorrente nella letteratura politica delle sinistre tedesche del Novecento e, per ragioni opposte, della stessa propaganda nazista e sicuramente trova origine nella insistente perorazione di Marx e Engels per la “lotta di classe”, ossia un conflitto sociale, da loro auspicato, che, ovviamente, non può che prevedere una grossa dose di odio. È solo il caso di ricordare, fra gli altri esempi, l’intervista ad Edoardo Sanguineti del 2007 in cui ribadisce la rilevanza ˗ dice lui ˗ filosofica dell’odio di classe. In tutte le versioni, l’odio di classe è, in definitiva, il motore della rivoluzione marxista e si attiva sulla scorta del riconoscimento, da parte del proletariato, della propria condizione di sfruttamento da parte della borghesia capitalista e della necessità di una “lotta” aperta senza quartiere.
Ora, non è chiaro quanto di tutto ciò rimanga nella testa dei rappresentanti della sinistra italiana attuale, moderata o massimalista che essa sia. Né è chiaro quanti dei cosiddetti “antagonisti” che si dilettano a distruggere vetrine e automobili e a ferire i nostri poliziotti, siano portatori, un po’ in ritardo, del verbo marxista e della lotta che ne deriva, ma certo è che la loro violenza fisica assieme a quella verbale di non pochi ambigui commentatori, non esprime semplice disaccordo o galante contrarietà verso il Governo attuale ma sentimenti che con l’odio e il rancore hanno un rapporto indiscutibilmente stretto.
In questo quadro, l’accusa all’attuale Presidente del Consiglio di fomentare odio è davvero bizzarra, oltre che irritante. Il fatto è che le sinistre, in molte loro declinazioni storiche, coltivano da sempre un odio esasperato che si rivolge persino, e talvolta soprattutto, verso chi, da sinistra, non condivide né l’odio né l’idea della rivoluzione, figuriamoci quale tolleranza potrebbero mai manifestare nei riguardi di un Governo borghese di centro-destra. È la loro idea di democrazia, una formula per la quale, una volta abbandonata l’idea della rivoluzione, l’obiettivo diviene, quanto meno, la conquista elettorale del potere per la “rieducazione” – vedi Gramsci e Togliatti – della borghesia e non certo una via lungo la quale si possano accettare definitamente maggioranze e governi borghesi.
Infatti, la vittoria elettorale, tre anni fa, del centro-destra è stata immediatamente bollata con l’epiteto, pieno di odio e rabbia, di “fascista” ˗ così come era accaduto in varie forme per i governi di Berlusconi ˗ per tentare di renderla, in Italia e, purtroppo, persino all’estero, intollerabile e percepibile come pericolosa. Il fatto che i comunisti italiani siano passati, in poche decine di anni, dall’entusiasmo per Stalin all’abbandono dei legami con l’Urss e, poi, alla rinuncia alla stessa denominazione del partito come “comunista” è stato ormai ufficialmente accettato ma che si debba, da parte loro, accettare serenamente anche governi di centro-destra, no, questo è troppo.
Assecondati dai vaniloqui del movimento 5S, gli attuali rappresentanti del Pd, a partire dall’esagitata e inconcludente segretaria, non perdono occasione per manifestare residui mal digeriti di un odio e di una “lotta” che hanno costituito per anni le loro motivazioni di fondo, trasmesse per via “culturale” anche a molti che, nel Pd, si offenderebbero se definiti comunisti. Così, non pochi di loro ufficialmente condannano le azioni dei cosiddetti antagonisti ma, nel fondo del proprio animo, tirano un respiro di nostalgia per un “cambiamento” concreto, oggi inconfessabile, che, per quasi cento anni, ha ispirato la loro ansia rivoluzionaria. Un rimpianto che si trasforma ogni giorno, da tre anni, in una ottusa strategia che non conosce limiti né confini e che conduce dritti dritti ad una auto-esclusione sia politica sia elettorale.
Aggiornato il 20 ottobre 2025 alle ore 10:29