25 luglio cade Mussolini e inizia la fine del re

Ottantadue anni fa, nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943, cadde Benito Mussolini, ma fu anche l’inizio della fine di Vittorio Emanuele III. Il re che si era reso protagonista di una lunga catena di errori durante il Ventennio (non volle firmare  nell’ottobre 1922 il decreto sullo stato d’assedio richiesto dal governo Facta che avrebbe impedito ai fascisti di marciare su Roma, rispose con il silenzio assoluto sul delitto Matteotti, accettò le famigerate leggi fascistissime, per tacere sul fatto che nulla fece nel 1938 per impedire le vergognose le leggi razziali) perseverò sul    medesimo registro nei giorni che seguirono il voto nel Gran Consiglio.

Infatti, si oppose in modo netto a che venissero coinvolti esponenti dell’antifascismo nel costituendo Gabinetto Badoglio. Per lo storico Renzo De Felice: “Si trattò di un clamoroso passo falso che la monarchia compì lungo la strada di una possibile, ancorché difficile, rilegittimazione democratica in vista del futuro assetto istituzionale da dare al Paese nel dopoguerra”.

Al voto del Gran Consiglio sull’ordine del giorno presentato da Dino Grandi si giunse dopo una serie di sconfitte militari: dalla Penisola Balcanica alla Cirenaica, dal fronte russo all’Africa Orientale. L’intera classe dirigente  ̶  vale a dire la monarchia, la borghesia economica e finanziaria e l’alta burocrazia dello Stato  ̶ avendo piena contezza della catastrofe ormai alle porte pensa di potersi mettere in salvo liberandosi di Mussolini e puntando a un “fascismo senza il duce”.

Si trattava di una mera illusione o meglio di un errore di valutazione che nasceva dalla mancata conoscenza delle reali condizioni del Paese e degli effettivi desideri degli italiani ridotti allo stremo dopo anni di guerra. Fra luglio e agosto 1943 il fossato fra la monarchia e il Paese si allarga ulteriormente fino a raggiungere il punto culminante l’8 settembre, quando il Maresciallo Badoglio comunica attraverso la radio che è stato firmato l’armistizio (cosa avvenuta cinque giorni prima a Cassibile) fra il generale Giuseppe Castellano e il comandante delle forze Alleate Dwight Eisenhower. Dopodiché Vittorio Emanuele III fugge nottetempo da Roma accompagnato dai membri della Real Casa e dallo stesso Badoglio. Giusto il contrario di ciò che fece anni prima, fra il settembre ’40 e il maggio ’41, il sovrano britannico Giorgio VI, che non si mosse da Londra durante i devastanti bombardamenti ad opera della Luftwaffe per essere tutt’uno con il suo popolo. Altra statura morale e politica. Il re fuggitivo, invece, lasciò un intero esercito allo sbando.

Nelle settimane successive furono seicentomila i soldati italiani ad essere deportati in Germania. Eroica fu la resistenza della divisione Acqui a Cefalonia. I militari rifiutarono di consegnare le armi e riuscirono a tenere testa ai tedeschi per una settimana. Una volta arresisi la Wehrmacht, in violazione di ogni convenzione internazionale, rispose con la fucilazione di 1800 combattenti. Secondo altre stime i morti furono oltre 5000. La fuga del re, inoltre, si tradusse nell’abbandono di una già provata popolazione civile nelle mani dei tedeschi, i quali nel frattempo avevano provveduto ad occupare una buona parte del nostro Paese.

Fu l’ultima vergogna di Casa Savoia. Il resto è segnato da una lunga e dura lotta fra due opzioni: fascismo e democrazia. Alla fine si aprirà per l’Italia una nuova storia, democratica, liberale e repubblicana.

Aggiornato il 24 luglio 2025 alle ore 10:41