Referendum: il quorum “non s’ha da fare”

Nella cosiddetta Prima Repubblica, i grandi partiti politici di massa, governavano indirettamente anche i sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil). I segretari generali delle confederazioni sindacali erano dei “sottufficiali” al servizio dei partiti politici di riferimento. La Cgil e il suo segretario erano diretta espressione del Partito comunista; la Cisl era il sindacato di riferimento della Democrazia cristiana e la Uil del Partito socialista.  Terminato il loro mandato da sindacalisti venivano premiati con un seggio in Parlamento dai partiti con i quali erano strettamente collegati politicamente. Tangentopoli spazzò via l’intera classe dirigente del “pentapartito” e gli stessi partiti (la Democrazia cristiana, il Partito socialista e i tre partiti “laici” Partito repubblicano, Partito liberale e il Partito socialdemocratico) che avevano governato il Paese, senza soluzione di continuità, per decenni. Si “salvò” dal ciclone “Mani pulite” solo il Partito comunista di Achille Occhetto anche perché l’allora Pm Carlo Nordio, da garantista, non volle applicare il cosiddetto metodo ambrosiano del “non poteva non sapere” del quale ne subì le conseguenze Bettino Craxi. A quel tempo sarebbe stato inconcepibile che il segretario generale della Cgil diventasse il promotore di referendum popolari diventandone di fatto il leader della coalizione di sinistra e di estrema sinistra che raggruppa il Partito democratico, il Movimento 5 stelle e Alleanza verdi e sinistra.

Maurizio Landini, non solo si sta preparando ad ottenere un seggio in Parlamento, quale ricompensa, per il sostegno incondizionato ai Governi di centrosinistra e per essere ferocemente avversario a quello di centrodestra, ma ha l’ambizione di guidare non più come semplice “sottufficiale” ma da leader dell’ultrasinistra italiana. Il leader del sindacato con maggiori iscritti (ormai in maggioranza pensionati) non è interessato ad adempiere al mandato istituzionale di sottoscrivere i contratti collettivi di lavoro ma a quello di svolgere il ruolo di oppositore del Governo Meloni. Sono profondamente deluso da Matteo Renzi. Lo ritenevo un politico di razza (scuola democristiana) e gli devo dare atto che da presidente del Consiglio ha avuto il coraggio di far approvare il Jobs Act, una riforma utile per il mercato del lavoro, oggi messa in discussione dai quesiti referendari. È quantomeno ipocrita l’atteggiamento sui referendum di Matteo Renzi, che dovrebbe schierarsi per il non voto, invece ha dichiarato che andrà a votare e quindi implicitamente contribuire all’eventuale raggiungimento del quorum. La giustificazione, ancora più ipocrita, è quella che i quesiti referendari sul lavoro non abrogano realmente la riforma del lavoro da lui voluta come presidente del Consiglio. Lo stesso, con il suo ex amico-nemico Carlo Calenda, per marcare “formalmente” le distanze dai sostenitori dei referendum, hanno organizzato una manifestazione separata rispetto a quella organizzata Pro-Pal, il 6 giugno. È di tutta evidenza che la manifestazione pro palestinese diventerà un evento contro il legittimo Governo israeliano. L’evento pianificato a ridosso delle votazioni sui referendum, è strumentale ai referendari che sperano (la speranza è l’ultima a morire) che la manifestazione possa svolgere una funzione di volano per il raggiungimento dell’agognato quorum. Pertanto, per chi non condivide i quesiti referendari, non andare a votare è una scelta politica. Il quorum sui referendum “non s’ha da fare”!

Aggiornato il 03 giugno 2025 alle ore 09:47