Il midterm del Governo Meloni: risultati conseguiti e aspettative

Il bilancio che ha tracciato la presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, relativo alla prima metà della diciannovesima legislatura, all’assemblea di Confindustria è certamente positivo sia in politica estera (Meloni) che sull’aspetto economico e finanziario (Giancarlo Giorgetti). Il ritorno in Italia di un Governo legittimato da un voto popolare, che gli ha assegnato una ampia maggioranza in Parlamento, ha riportato l’Italia al ruolo che gli compete in Europa e nel mondo. Si spera che venga archiviata definitivamente la prassi instaurata dai presidenti della Repubblica, tutti democristiani di sinistra o postcomunisti, che si sono succeduti nella cosiddetta Seconda Repubblica. Finalmente, come in tutti i Paesi di consolidata democrazia, un Esecutivo risponde al programma politico che è stato sottoposto alla volontà popolare che si è espressa nelle urne alle elezioni politiche. In ottemperanza a quanto indicato nel programma elettorale, il Governo ha mantenuto e consolidato l’Alleanza atlantica e sta cercando di incidere, da europeisti veri e non da sudditi, sulla riforma, non più procrastinabile, dell’Unione europea e della sua governance.

I risultati economici conseguiti nei 30 mesi di legislatura sono molto positivi se si considera l’eredità lasciata, prima dai Governi Conte 1 e Conte 2 , che si sono caratterizzati per lo spreco di pubblico denaro elargendo, senza controlli, il cosiddetto reddito di cittadinanza e il superbonus 110 per cento, ma anche dal Governo “tecnico” presieduto da Mario Draghi, fortemente voluto dal presidente Sergio Mattarella, il cui mandato doveva essere funzionale, per il supertecnico, alla sua elezione al Colle più alto. Le scelte, non certo popolari, del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, di perseguire politiche di bilancio improntate alla prudenza e al contenimento del deficit pubblico hanno pagato, sia in termini di riduzione del differenziale di tassi d’interesse (“spread più che dimezzato”) tra il rendimento del Btp decennale italiano e il corrispettivo Bund tedesco, che in termini di credibilità del nostro debito sovrano. In questo contesto l’indice di affidabilità del debito pubblico italiano è significativamente cresciuto.

Finalmente se ne sono accorte anche le agenzie di rating. Infatti, tutte le più importanti agenzie di rating internazionali (Standard & Poor’s, Fitch e Moody’s) hanno migliorato il voto sulla affidabilità finanziaria dell’Italia. Più è alto il voto sui nostri titoli di Stato, minore è e sarà il costo in interessi che lo Stato deve sostenere per il peso del debito pubblico. Anzi, sono fermamente convinto che il rating assegnato sul nostro debito sovrano sia inferiore all’effettiva solidità finanziaria della nazione. Ad oggi non è ancora possibile quantificare, per ogni esercizio finanziario, il risparmio sulla spesa per interessi. Su uno stock di debito pubblico complessivo di oltre tremila miliardi, 100 punti base in meno di interessi (uno per cento), significa nel medio termine una riduzione di spesa pubblica per interessi di 30 miliardi di euro (una Manovra di bilancio).

Continuare l’opera di rientro del debito pubblico dovrebbe essere un imperativo assoluto per un Governo di centrodestra. L’obiettivo che l’attuale Esecutivo dovrà perseguire nell’arco dell’intera legislatura non deve limitarsi a migliorare il saldo primario, ovvero la differenza tra le entrate pubbliche e la spesa al netto degli interessi pagati sul debito, ma cercare di raggiungere il pareggio in termini nominali. Pertanto, il necessario incremento della spesa militare fino al 2 per cento del Pil, impegno assunto con la Nato dai precedenti Esecutivi, dovrà essere raggiunto attraverso la riduzione della spesa pubblica improduttiva e non mediante l’aumento di debito. Giancarlo Giorgetti, con la sua politica accorta, ha innescato un circuito virtuoso (meno debiti, meno interessi = meno imposte per i cittadini), che avrà effetti positivi nei prossimi anni. Restiamo in attesa delle riforme costituzionali e della riduzione delle imposte promesse in campagna elettorale. Siamo fiduciosi!

Aggiornato il 29 maggio 2025 alle ore 10:05