Meloni critica l’Unione europea sui dazi e l’energia

Giorgia Meloni dà segnali di apertura al monito di Emanuele Orsini. Se il presidente di Confindustria avverte la necessità di un cambio di marcia, la presidente del Consiglio replica lanciando un affondo all’Unione europea. Ma per fronteggiare il caro-bollette la soluzione “non può essere continuare a cercare di tamponare spendendo soldi pubblici”, chiarisce la premier, che davanti alla platea degli industriali riuniti a Bologna riserva frecciate a Bruxelles. “Pensate in grande” è lo slogan lanciato dentro il Teatro EuropAuditorium da Meloni, che apre l’intervento di mezz’ora in continuità con la rassicurazione lanciata poco prima dal palco dalla presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola agli industriali: “L’Europa è al vostro fianco, il Parlamento che presiedo è un vostro alleato”. “Sarò onesta, Roberta, questo dipende dalle maggioranze che si formano di volta in volta, ma sicuramente tu sei e sei stata dalla nostra parte. Grazie davvero”, la frase con cui la leader italiana incassa uno dei numerosi applausi della platea, ricorrenti quando chiede all’Ue di “rimuovere i dazi interni che si è autoimposta”. O quando sottolinea che nel negoziato con Washington servono “saggezza e buon senso”, nonché “un approccio più politico che burocratico”.

Approdata a Palazzo Chigi nell’autunno 2022, Meloni si era trovata ad avere con la Confindustria guidata da Carlo Bonomi un rapporto decisamente meno disteso da quello instaurato con il suo successore. Orsini, però, non nasconde il Cahier de doléances. Punta il dito sulle restrizioni europee, sulle norme sul packaging, sulle difficoltà della farmaceutica a investire in Ue; e sollecita ad accelerare sul Mercosur, l’accordo commerciale con il Sudamerica su cui Roma temporeggia, nota che “l’occupazione per ora tiene perché due aziende su tre stanno trattenendo i dipendenti nonostante il rallentamento della produttività”, rilancia il suo Piano casa (“Mi sta a cuore, ma preferisco prima assestare le cose e poi annunciarle”, taglia corto Meloni) e chiede “il potenziamento dell’Ires premiale o il ripristino dell’Ace”, definendo “indispensabile” Industria 4.0 e soprattutto il disaccoppiamento del prezzo dell’energia prodotta da rinnovabili da quello del gas. Meloni nota che per quest’ultimo problema ci sono già “i contratti pluriennali a prezzo fisso di acquisto di energia prodotta da fonti rinnovabili”.

L’altra carta da giocare su questo dossier è il ritorno al nucleare, “scelta coraggiosa” per la “decarbonizzazione” e “la sovranità industriale ed economica dell’Italia”. E c’è anche un risvolto europeo del problema: l’Italia, rimarca la premier, punta a contrastare le scelte “ideologiche” del Green deal e spinge per “garantire all’automotive, come a tutti gli altri settori industriali energivori, la possibilità di acquistare energia a prezzi più bassi e competitivi”.

A difesa del settore automobilistico, Meloni punta sull’asse con il cancelliere Friedrich Merz: “Molto può cambiare con il nuovo Governo tedesco”. Sul capitolo competitività, la premier invece si impegna sulla revisione del Pnrr: con questo passaggio vorrebbe “rimodulare circa 15 miliardi per sostenere l’occupazione e per aumentare la produttività”, e inserire nel Piano Transizione 5.0 e Industria 4.0 “semplificandoli”. La presidente del Consiglio assicura che il Governo nel confronto con le parti sociali delineerà “le linee di una politica industriale di medio e di lungo periodo”. E chiede collaborazione anche per risolvere lo stallo dell’Ex Ilva di Taranto: “C’è bisogno che tutti gli attori diano una mano e non ci siano alcuni che preferiscano mettere i bastoni tra le ruote: credo tutti comprendano cosa c’è in ballo”.

Aggiornato il 28 maggio 2025 alle ore 16:21