Ma quale visione?

Se non ricordo male, fu lo storico liberale Guido De Ruggiero a sottolineare che i liberali sono più liberali quando sono all’opposizione. In fondo si tratta di una considerazione valida per ogni partito poiché, di fatto, l’arte del governo non prevede la perfetta e immediata traduzione in leggi e decreti delle idee generali alle quali un partito si ispira. C’è però da osservare che, nell’attuale congiuntura politica, il Partito democratico non riesce nemmeno stando all’opposizione a testimoniare idee di qualche portata, quelle che Alfred Fouillée chiamava “idee forza”. I rappresentanti di questo partito non perdono occasione per denunciare quella che, secondo loro, è la mancanza di visione da parte del Governo di centro-destra ma senza mai dare l’esempio col presentare e diffondere la propria, evidentemente perché non c’è. Basta seguire la cronaca politica per rendersi conto che il Pd non fa altro che giostrarsi fra eventi o necessità quotidiane che vanno dal salario minimo alla critica delle iniziative poste in campo dal Governo per contenere l’immigrazione illegale; dalla difesa puramente verbale delle forze dell’ordine ma nel quadro di un ostinato attacco al Governo per la sua supposta intenzione di limitare la libertà di pensiero e di manifestazione; dalla difesa d’ufficio della Comunità europea contro il cosiddetto sovranismo alla denuncia delle liste d’attesa presso gli ospedali, e così via.

Quale “visione” dell’Italia emerga da tutto questo rimane un mistero. La visione che Giorgia Meloni sta professando e cercando di costruire giorno dopo giorno ha un nome preciso ed evidente a tutti, in Italia e nel mondo: la risalita, fin dove realisticamente possibile, dell’immagine dell’Italia presso gli attori principali della politica e dell’economia del mondo sviluppato ed anche presso Nazioni, come quelle africane, alcune delle quali stanno marciando, per ora confusamente, verso la modernità. Se son rose fioriranno ma, se non altro, esprimono, appunto, una visione chiara e di rilievo perché, come è facile capire, la percezione internazionale positiva di una Nazione, anche se piccola e indebitata, costituisce una risorsa decisamente preziosa per attrarre investimenti e per trattare con altri Paesi godendo di rispettabili condizioni iniziali.

Al Pd, però, non va bene nemmeno questo, perseverando, tuttavia, in un silenzio assoluto circa visioni alternative e limitandosi a una penosa serie di “no”: no ai possibili rapporti privilegiati con Donald Trump; no alla relazione con il demone Elon Musk; no al sovranismo che mette in crisi l’unità europea (già minata, peraltro, dalla coppia di ferro, ora arrugginita, Francia-Germania); no ad una rigorosa politica di respingimento dell’immigrazione illegale; no ad una sicurezza per i cittadini ispirata al rigore ma senza indicare come assicurarla diversamente; no, infine, ad una legge finanziaria che ha ricevuto l’approvazione di varie istituzioni e organi di stampa internazionali, con la testarda accusa di investire (in realtà: spendere) troppo poco nella sanità come se Palazzo Chigi nascondesse tesori che si rifiuta di toccare; no alla riforma della giustizia; no alla riforma delle autonomie locali; no al ponte di Messina; e si potrebbe continuare.

Ruolo normale dell’opposizione? Fino a un certo punto perché, oltre a lamentarsi dei treni in ritardo dandone la colpa al Governo, un serio partito di opposizione dovrebbe avere le idee chiare sul viaggio da compiere. Ma se la pochezza di idee del Pd è tanto pronunciata quando è all’opposizione è bene augurarci che non la immiserisca ulteriormente tornando al Governo.

Aggiornato il 27 gennaio 2025 alle ore 09:54