Questa settimana abbiamo pianto in tanti perché è morto Lorenzo Infantino. Era il più grande teorico dell’azione sociale in Italia. Ha elaborato una teoria dell’azione sociale che ha un grande pregio: funziona. Abbiamo parlato nelle ultime settimane di Donald Trump. Concordavamo sul fatto che il presidente americano non sa cosa sia una società composta da uomini liberi, regolati da leggi e non dalla personale scelta degli uomini “al comando”. La firma di una prima tornata di decreti, alcuni dei quali al di fuori delle prassi e probabilmente anche della giurisprudenza statunitense, avrebbe confermato Infantino nella sua impressione. Ma il fenomeno Trump non è un presupposto teorico. È stato eletto dagli americani per fare l’America grande, come recita il suo slogan. Su questa sponda dell’Atlantico dobbiamo affrontare la questione Trump dal punto di vista italiano ed europeo. La presidenza americana ha disorientato l’Europa. Nessuno sa cosa farà Trump. Forse non lo sa nemmeno lui.
Per restare all’impostazione di Infantino, un leader che chiede un’investitura per decidere come meglio crede e senza dire in anticipo cosa farà nel concreto, si pone comunque al di sopra delle altre istituzioni e della legge. Può rappresentare un’onda anomala. I democratici americani non potranno lamentarsi troppo. Joe Biden prima di andarsene ha emanato dei perdoni presidenziali totali: uno per suo figlio Hunter e un altro per uno dei suoi più stretti collaboratori. Le formule sono degne del Cardinale Richelieu nei Tre Moschettieri di Alexandre Dumas: il latore della presente non sarà considerato colpevole di nulla perché ha agito per mio conto. Una manleva assoluta. Trump che perdona gli assaltatori di Capitol Hill fa qualcosa di simile. Non pronuncerà le fatali parole “avrei potuto trasformare quest’aula in un bivacco”. Non ce ne sarà bisogno.
Con questi presupposti, gli Usa affrontano una dinamica mondiale delicatissima. Le ideologie totalitarie hanno sferrato attacchi tragici contro le democrazie, in varie parti del globo. Le democrazie hanno risposto con grave incertezza. Abbiamo risorse, tecnologie, eserciti, leggi, per farlo. Eppure, le risorse non sono state investite, le tecnologie sembrano buone, gli eserciti sono immobili e senza dotazioni sufficienti. Quanto alle leggi, sono fortemente indebolite dal populismo. Non c’è costituzione che negli ultimi decenni non sia stata oggetto di torsioni importanti. La stagione Trump va quindi affrontata, sul piano commerciale, politico e militare. Il presidente americano già verso il termine del suo precedente mandato aveva battuto cassa in Europa. Per mantenere le truppe Nato (Usa) in Europa, voleva denaro. Ha chiaramente detto che l’Europa non paga ma gode dell’ombrello protettivo americano. Anche le pretese su Groenlandia e Panama di Trump hanno la stessa impostazione o filosofia: gli alleati non possono, nella logica trumpiana, essere parte del blocco occidentale e allo stesso tempo cedere alle lusinghe, alle influenze e ai soldi cinesi. Specie in due punti strategici del globo. Ecco perché minaccia l’acquisizione militare. Sembrerebbe limpido. Eppure, nessuno sa dire oggi per chi lavori Trump. Vanta un’amicizia forte con Vladimir Putin e Viktor Orbán. Questi due politici sono alleati con la Cina. Vale in questo caso la regola del “sono amico dell’amico del mio amico?”
Non lo sappiamo. Questa incertezza è già un problema per il mondo democratico. Ci paralizza più di quanto non saremmo in ogni caso. Soluzioni: la prima soluzione possibile è pagare per lo scudo difensivo americano. Un tributo come era pagato al tempo dell’antica Roma. L’attuale alleanza con gli Usa ci trasformerebbe da alleati in “clienti”. Diventeremmo davvero Stati vassalli. Seconda soluzione: l’Unione europea da ministero sovranazionale si trasforma, con la sottoscrizione di un nuovo trattato costituente, in Stato federale. Con una propria magistratura, proprie competenze, proprie tasse, proprio esercito, l’Europa esisterebbe davvero. Sul piano materiale, pagheremmo più o meno le stesse somme che dovremmo dare agli Usa, come richiesto da Trump, ma lo strumento difensivo dipenderebbe dalle nostre istituzioni. Saremmo sovrani. Il rapporto con Washington potrebbe essere paritario. Terza soluzione: non paghiamo niente a nessuno, lasciamo le cose come stanno e vediamo se gli Usa si ritirano dall’Europa. Se lo facessero, i Paesi europei si troverebbero però in una condizione ucraina. Cos’è la situazione “ucraina”?
La riflessione è sgorgata perché quest’ultima settimana sono stato a due funerali. Due funzioni civili e composte, dove c’è stato lo spazio per il dolore e la constatazione che esiste una civiltà umana che in dati momenti si rivela. La civiltà che viviamo ogni giorno, quando compriamo una merendina devastante sul piano nutrizionale o esprimiamo dolore per una perdita, o gioia per un amore, evapora davanti alla guerra. Diventa barbarie. Le guerre sono imposte dagli aggressori. Chi si difende può scegliere di non difendersi. Se si arrende, perde cultura, libertà e sovranità. Possiamo pensare quel che vogliamo di Trump ma il punto è cosa facciamo noi. Sappiamo e vogliamo difendere la nostra società libera? Abbiamo la forza morale, intellettuale materiale per garantirci libertà senza distinzioni di sesso, razza, religione, cultura, censo? Se non abbiamo questa forza e pretendiamo che ce la diano gli americani gratis, sbagliamo. L’errore è più grave oggi perché i conflitti non sono più un fenomeno esotico e lontano. Bussano alle porte di casa, nel Mediterraneo e nei Balcani occidentali. Nel XX secolo, l’Europa, la Cina e il Giappone hanno innescato due guerre mondiali. Più di 200 milioni di vittime provocate soprattutto da noi. Per esperienza, dovremmo fermare con decisione l’escalation bellica che è in atto.
Non serve la retorica. Servono strategie e decisione. La fortuna vuole che abbiamo a capo del nostro governo l’unica leader del mondo, Giorgia Meloni, che può essere definita un politico in senso proprio e completo. Se vorrà e ne acquisirà consapevolezza piena, sarà parte della storia per davvero. Magari con spirito autenticamente liberale. Ci auguriamo che sappia guidare bene sul terreno accidentato che abbiamo davanti. Noi italiani possiamo non dirlo, ma a libertà, sovranità, e persino a chiagnere e futtere ci teniamo. Mi perdonerà Infantino se il linguaggio utilizzato scientificamente non è appropriato.
Aggiornato il 23 gennaio 2025 alle ore 15:42