Recentemente, l’Ispra (Istituto superiore per la protezione dell’ambiente) ha presentato, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Rapporto rifiuti urbani 2024, all’interno del quale si forniscono i dati (aggiornati al 2023) sulla produzione, la raccolta differenziata, la gestione e l’import/export dei rifiuti urbani e di quelli di imballaggio, a livello nazionale, regionale e provinciale.
Nel 2023, la produzione nazionale di rifiuti urbani si attesta a 29,3 milioni di tonnellate, con un aumento dello 0,7 per cento rispetto all’anno precedente, che coincide, tra l’altro, con un aumento del Prodotto interno lordo.
La produzione di rifiuti urbani aumenta del 2,3 per cento al nord, resta in sostanza stabile al centro mentre diminuisce dell’1,2 per cento al sud. In valore assoluto, il nord Italia produce quasi 14,2 milioni di tonnellate, il centro circa 6,2 milioni di tonnellate e il sud poco meno di 8,9 milioni di tonnellate.
Altro dato significativo è quello che riguarda l’aumento della raccolta differenziata nazionale (una crescita di 1,4 punti rispetto al 2022), attestatasi al 66,6 per cento, con percentuali del 73,4 per cento al nord, del 62,3 per cento al centro e del 58,9 per cento al Sud.
A livello regionale, la più alta percentuale di raccolta differenziata è conseguita, analogamente al 2022, dalla regione Veneto, con il 77,7 per cento, seguita da Emilia-Romagna (77,1 per cento), Sardegna (76,3 per cento), Trentino-Alto Adige (75,3 per cento), Lombardia (73,9 per cento) e Friuli-Venezia Giulia (72,5 per cento). Tra queste regioni, il Friuli-Venezia Giulia e l’Emilia-Romagna sono quelle che fanno registrare la maggiore progressione della percentuale di raccolta, con incrementi rispettivamente pari a 5 e 3,1 punti rispetto ai valori del 2022.
Superano l’obiettivo del 65 per cento, fissato dall’apposita normativa del 2012, anche Marche (72,1 per cento), Valle d’Aosta (69,4 per cento), Umbria (68,3 per cento), Piemonte (67,9 per cento), e Toscana (66,6 per cento), e sono prossime allo stesso risultato la Basilicata (64,9 per cento) e l’Abruzzo (64,6 per cento). La Campania, il Lazio, la Sicilia e la Calabria sono, invece, ancora lontane dal target nazionale, registrando rispettivamente il 56,6 per cento, il 55,4 per cento, il 55,2 per cento e il 54,8 per cento.
Da evidenziare, però, come la regione Sicilia abbia fatto progressi negli ultimi anni: un aumento di 3,7 punti rispetto alla percentuale del 2022 (51,5 per cento), di quasi 8 punti rispetto al 2021, di 13 punti rispetto al 2020 e di poco meno di 17 punti percentuali rispetto al 2019.
A livello comunale, Bologna, Padova, Venezia e Milano raggiungono i maggiori livelli di raccolta differenziata (comuni con popolazione residente superiore a 200mila abitanti), con percentuali pari, rispettivamente, al 72,9 per cento, 64,4 per cento, 63 per cento e 62,4 per cento. La Capitale d’Italia è in leggera crescita rispetto al 2022, collocandosi su un dato del 46,6 per cento. Una percentuale ancora ben lontana dall’obiettivo del 65 per cento di raccolta differenziata.
Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, si evidenzia un leggero miglioramento rispetto all’anno precedente: il recupero di materia per il trattamento delle raccolte differenziate arriva al 53 per cento dei rifiuti prodotti (52 per cento nel 2022), di cui il 24 per cento deriva dalla frazione organica e il 29 per cento dalle altre frazioni merceologiche della raccolta differenziata, l’incenerimento con recupero di energia interessa il 19 per cento dei rifiuti indifferenziati, lo smaltimento in discarica interessa il 16 per cento dei rifiuti urbani prodotti (nel 2022 la percentuale era del 18%), l’1 per cento viene inviato ad impianti produttivi (quali cementifici, centrali termoelettriche, ecc.) per essere utilizzato ai fini della produzione di energia all’interno del ciclo produttivo, un ulteriore 1 per cento viene utilizzato, dopo adeguato trattamento, per la ricopertura delle discariche, il 4 per cento dei rifiuti derivanti dagli impianti di trattamento meccanico biologico viene inviato a ulteriori trattamenti quali la raffinazione per la produzione di Css (combustibile solido secondario) o la biostabilizzazione, il 5 per cento dei rifiuti urbani differenziati e indifferenziati è esportato (circa 1,4 milioni di tonnellate) e l’1 per cento viene gestito direttamente dai cittadini attraverso il compostaggio domestico (333mila tonnellate). Per il conseguimento degli obiettivi fissati dal pacchetto Ue sull’economia circolare per il 2035, ovvero il raggiungimento del 65 per cento di riciclaggio effettivo, il ricorso alla discarica per una quota non superiore al 10 per cento dei rifiuti e la destinazione del 25 per cento degli stessi all’incenerimento con recupero di energia, è fondamentale che diverse regioni del centro e del sud decidano (una volta per tutte) di investire nelle diverse tecnologie in grado di chiudere correttamente il ciclo dei rifiuti. Ad esempio, nel Lazio, a fronte di quasi 565mila tonnellate di rifiuti organici raccolti, gli impianti esistenti sul territorio regionale trattano poco meno di 290mila tonnellate. Sul risultato regionale pesa inevitabilmente la non incoraggiante performance di Roma tra una raccolta differenziata del 46,6 per cento e una dotazione impiantistica ancora carente, al punto da rendere il territorio non autosufficiente dal punto di vista della gestione del ciclo dei rifiuti, con conseguente, e continua, circolazione dei rifiuti in altre province laziali, in altre regioni e in Europa, con danni inimmaginabili per l’ambiente, la salute pubblica e le tasche dei cittadini.
(*) Presidente di Ripensiamo Roma
Aggiornato il 07 gennaio 2025 alle ore 11:40