Nel suo discorso di fine anno, il presidente della Repubblica si è occupato anche di chi trascorre le proprie giornate rinchiuso in una cella di qualche istituto penitenziario italiano. Per facilitare la memoria (e non solo) di chi ci legge, riportiamo testualmente le parole del presidente: “Rispetto della dignità di ogni persona, dei suoi diritti. Anche per chi si trova in carcere. L’alto numero di suicidi è indice di condizioni inammissibili. Abbiamo il dovere di osservare la Costituzione che indica norme imprescindibili sulla detenzione in carcere. Il sovraffollamento vi contrasta e rende inaccettabili anche le condizioni di lavoro del personale penitenziario. I detenuti devono potere respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti all’illegalità e al crimine. Su questo sono impegnati generosi operatori, che meritano di essere sostenuti”.
Da destra e sinistra grandi applausi per il discorso del capo dello Stato ma, sulla parte che abbiamo riportato, i commenti (quando sono presenti) sono assai più flebili. Lo ammetto, ci aspettavamo, ad esempio, almeno una frase di giudizio sui contenuti da parte di chi “i detenuti non li vuole far respirare” e per il quale gli unici interlocutori nelle carceri sono gli agenti di polizia penitenziaria ai quali ha dedicato anche un post sul suo profilo Facebook. E invece niente, altro che il “respirare un’aria diversa” auspicata dal presidente.
La sensazione piuttosto tangibile è che non sono in molti (anzi) a voler cambiare qualcosa in materia di carcerazione. Eppure, per dare il via ad un processo di cambiamento, sarebbero sufficienti alcune modifiche allo status quo: “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva” e quindi, di conseguenza, perché deve stare rinchiuso in una cella prima di essere eventualmente condannato? In casi simili i domiciliari? E se chi sta scontando pene sotto i tre anni (quindi in carcere per reati non gravi) potesse essere facilitato in qualche modo, ad esempio riducendo di tre mesi la detenzione?
È bene ricordare che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”: il dettame costituzionale – è bene ricordarlo – vale per tutti i detenuti.
Aggiornato il 03 gennaio 2025 alle ore 10:20