Mancano gli ultimi step decisivi. La Manovra 2025 è ormai a un passo dall’approvazione, con il Governo che ha superato l’ostacolo della fiducia alla Camera dei deputati con 211 voti favorevoli e 117 contrari. Adesso, la Legge di bilancio per l’anno prossimo è praticamente pronta, mentre è atteso per le 20 di oggi l’esame della Nota di variazione. Se tutto andrà liscio, intorno alle 21 si apriranno le dichiarazioni di voto finali. Da lì, il testo passerà al Senato, con l’avvio dei lavori in Commissione previsto per lunedì 23 dicembre. L’approvazione definitiva dovrebbe arrivare tra Natale e Capodanno, probabilmente il 28 dicembre, come si augura il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. La manovra mette sul piatto circa 30 miliardi di euro lordi, destinandone due terzi alla riduzione del cuneo fiscale per i redditi fino a 40mila euro, un intervento pensato per alleggerire la pressione fiscale sui lavoratori a medio-basso reddito. In termini pratici, significa circa 100 euro in più al mese in busta paga. Un’operazione da 18 miliardi, che diventerà strutturale per almeno cinque anni, accompagnata dall’introduzione di tre aliquote Irpef.
Oltre al fisco, il Governo ha concentrato le risorse su alcuni settori chiave: 1,3 miliardi di euro per rafforzare il sistema sanitario, fondi per incentivare la natalità e politiche contro l’inverno demografico. Tuttavia, i margini di manovra sono stati stretti. Le nuove regole europee sul Patto di Stabilità e le revisioni al ribasso delle stime di crescita del Prodotto interno lordo per il 2024 – fissate dall’Istat a un modesto +0,5 per cento, rispetto all’1 per cento previsto nel documento di Economia e Finanza pubblica – hanno imposto una linea rigorosa. L’obiettivo è riportare il rapporto deficit/PIL sotto il 3 per cento entro il 2026, ma per farlo è stato necessario un taglio netto alla spesa pubblica.
Le opposizioni non hanno fatto sconti, definendo la Legge di bilancio miope e insufficiente. Le principali critiche si sono concentrate sul finanziamento al sistema sanitario, considerato inadeguato rispetto alle esigenze del Paese. Anche i sindacati hanno fatto sentire la loro voce: Cgil e Uil, già a novembre, avevano proclamato uno sciopero generale contro quella che hanno definito una manovra priva di visione, incapace di affrontare seriamente temi come pensioni, redditi e lavoro. Un’altra polemica è esplosa negli ultimi giorni, con un emendamento dei relatori che proponeva di equiparare l’indennità di ministri e sottosegretari non parlamentari a quella dei colleghi eletti. Dopo le critiche, anche interne alla maggioranza, e l’intervento della premier Giorgia Meloni, la norma è stata rivista: ora è previsto un rimborso per le spese di trasferta da e per il domicilio o la residenza, con una dotazione annua di 500mila euro a partire dal 2025.
Nella stessa seduta, la Camera ha votato anche sulle dimissioni di Enrico Letta da parlamentare. L’ex premier ha preso la parola per ringraziare il Partito democratico, la segretaria Elly Schlein e gli elettori del collegio di Siena, ribadendo che la sua scelta era stata annunciata già mesi fa. Ora la palla passa al Senato, dove il Governo dovrà consolidare il consenso intorno al testo, in un clima che resta acceso. Tra le incertezze macroeconomiche e le tensioni politiche, la manovra dovrebbe comunque essere pronta, in ritardo, per fine anno.
Aggiornato il 20 dicembre 2024 alle ore 16:24