Ora, dal nulla, immaginate se:
1) Donald Trump avesse graziato suo figlio poche settimane prima di lasciare la Casa Bianca.
2) Un giornalista di Libero o del Giornale avesse insultato in maniera particolarmente volgare Elly Schlein in diretta televisiva.
3) Un intellettuale di destra (o comunque non di sinistra) avesse organizzato una manifestazione letteraria, dedicandola alla memoria di una vittima di femminicidio, per poi invitare alla stessa kermesse un filosofo sotto accusa per violenze di genere.
4) Un gruppo studentesco di destra (o comunque non di sinistra) avesse occupato un istituto scolastico rivendicando un maggiore ascolto da parte della classe docente.
Ebbene, se quanto riportato poc’anzi fosse accaduto realmente, immagino che sarebbe scesa in piazza una bella fetta di Paese, un’assortita panoplia di società italiana tra partiti, sindacati, associazioni, collettivi, intellighenzia varia, movimenti studenteschi, transfemministi, pacifisti e chi più ne ha più ne metta. Ed invece, poiché gli episodi descritti nelle righe precedenti sono accaduti sul serio, ma con protagonisti dei soggetti o delle realtà ascrivibili all’arcipelago progressista, ecco che il solito caravanserraglio movimentista e mediatico è stato colto da un forte attacco di afonia. Oddio, in realtà qualcuno in piazza è sceso davvero. Parlo della dirigente e dei professori del Liceo Classico Virgilio di Roma che, insieme a tutti gli studenti ai quali viene tuttora negato il diritto di poter seguire le lezioni, sono stati pressoché snobbati dai principali mezzi di informazione. Ergo, qui la morale non è da rintracciare nel consueto e intollerabile doppiopesismo di un certo mainstream.
Non solo, almeno. Perché se a sinistra son bravi a modellare efficacemente la comunicazione – ed il “non detto” è una componente importante della stessa alla pari del messaggio diretto – qui a destra (al netto di pochissime e lodevoli eccezioni) si continua a praticare l’irrilevanza nella capacità di cavalcare i temi, di incanalare i fatti all’interno di una visione del mondo ben delineata per poi imporli all’attenzione pubblica con un proprio linguaggio facilmente riconoscibile. Insomma, siamo ben lontani da un’egemonia culturale presto detta, che è cosa ben diversa della mera occupazione delle case matte del potere di gramsciana memoria. È vero, a dispetto della sinistra, i liberal-conservatori non hanno mai nemmeno tentato di rendere sistematica l’organizzazione della cultura. E questo, va dato loro atto, per un grado di libertà individuale da parte dei singoli pensatori inimmaginabile in altre latitudini di pensiero (si pensi ai cosiddetti intellettuali organici). Epperò, sarebbe assai opportuno iniziare a lasciare un’impronta, un segno, un qualcosa che possa far emergere la presenza di coloro perennemente considerati alla stregua di figli di un dio minore.
Aggiornato il 04 dicembre 2024 alle ore 10:23