Contecchi

Il Movimento 5 stelle ci ha oramai abituato: ad ogni consultazione elettorale prende botte da orbi. Giuseppe Conte rischia di essere costretto a diventare lo Stefano Bandecchi di quel che fu il “campo largo” di un tempo: il Contecchi della situazione. Utilità elettorale pari allo zero. Voci non confermate ipotizzano l’interesse del Wwf, che starebbe seguendo scientificamente la lenta estinzione del soggetto.

Anche le elezioni di domenica scorsa in Emilia-Romagna e Umbria hanno dimostrato che, come al solito, il M5s ha imboccato una strada assai pericolosa. Quella via, per intenderci, che ha sempre portato i cinque stelle a giustificare le loro sconfitte con lo scarso appeal nei territori. Come a dire che possiedo un forte cavallo da corsa, bello e intelligente, ma che non vince mai una corsa. Che caspita di cavallo è? Ricordiamoci quella malsana (per il Paese) parentesi del governo giallo-verde: da una parte l’avvocato del popolo, dall’altra quello che oggi è la “cravatta rossa permanente” perché negli Stati Uniti ha vinto Donald Trump. Entrambi, dopo le scoppole ricevute dalle urne, si ritroveranno insieme seduti su una panchina come Ale e Franz.

In Emilia-Romagna, rispetto alle Regionali del 2020, “cravatta rossa” è passato dal 31,9 per cento al 5,2 per cento (altro che nutria). Contecchi si è fermato a poco più del 3 per cento, rispetto al 4,7 per cento di quattro anni fa. In Umbria, invece, il Trump de noantri è arrivato a raccogliere il 7,8 per cento (rispetto al 36,9 per cento delle regionali precedenti), e il M5s dal 7,4 per cento al 4,7 per cento di domenica (cifre invertite tanto per rendere più facile agli interessati la lettura del risultato ottenuto).

Spesso, come noto ai più, di fronte ai freddi numeri, non resta che arrendersi e, nel migliore dei casi, fare quantomeno un po’ di autocritica. Se non si è in grado di fare neppure questo, alziamo le mani.

Aggiornato il 20 novembre 2024 alle ore 09:48