Taccuino Liberale #12

Due questioni nella vita politica di questo Paese che per un liberale non possono passare sotto silenzio.

La prima l’ha giustamente posta il ministro Nordio che a commento della sentenza relativa agli immigrati mandati in Albania. Il ministro ha dichiarato che la sentenza è stato un abnorme lavoro interpretativo in luogo dell’applicazione delle leggi. Il presidente dell’Anm ha risposto che non ha mai visto un simile attacco.

Le parole di Nordio sono le parole di tanti onesti cittadini a cui è ben chiaro che la legge si interpreta o si applica. Dipende. Svelata da Il Tempo, la mail del viceprocuratore di Cassazione fa sobbalzare anche i più anti berlusconiani duri e puri che possano esistere. Aveva ragione e prima di lui e dopo di lui molti altri che sono stati vittime di ingiustizia hanno rinunciato a far valere i propri diritti, perché dal caso Palamara in poi nulla è cambiato, molto forse è anche peggiorato. Nordio è un ex magistrato anche lui e, come la premier, non è ricattabile ed è ben conscio di tutti i meccanismi interni alla magistratura e in nome del popolo, ci aspettiamo (e facciamo il tifo per lui) perché riporti la fiducia nella giustizia. Vale troppo, in termini di mancati investimenti stranieri in Italia e di fiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini. E la sinistra, se fosse davvero interessata alle sorti del paese, dovrebbe auspicare una profonda riforma. Ma sarebbe la fine di un’epoca e, a ciò, si devono ancora preparare. Ogni liberale che si rispetti, invece, attende un’epoca nuova.

La seconda questione riguarda il Ministero della Cultura. Il cambio di dizione nella presente legislatura non sembra portargli particolare fortuna. Siamo al secondo ministro e terzo capo di gabinetto. Le vicende che lo hanno visto protagonista sembrano un affaire tutto politico e tutto romano. Peccato che i cittadini di ogni provincia italiana, invece, hanno o possono avere a che fare con il Ministero della Cultura che attraverso una rete di soprintendenze regola la vita di aree ed immobili vincolati, decidendo la sorte di tanti che percepiscono un potere che viene esercitato senza troppa cura nei riguardi dei sudditi che vi devono soggiacere. Così, più che tutela del patrimonio, sembra essere la tutela del proprio esercizio del potere. Faccia presto il ministro a rimpiazzare quella casella che funge di raccordo tra l’organo di vertice politico e l’apparato amministrativo, e metta mano anche a quella parte di attività che non fa notizia, come la ripartizione dei fondi per il cinema o la nomina dei direttori dei musei, ma influisce pesantemente sulla vita di cittadini ed imprese. Le soprintendenze ogni giorno possono incidere sui loro diritti, sulle loro proprietà immobiliari, forse ben consci del disinteresse del dicastero centrale. Forse è giunto il momento e la possibilità, con un nuovo staff di vertice, di mandare un segnale nuovo e positivo e mutare quella percezione spesso negativa che circola nel Paese riguardo le strutture periferiche del Ministero della Cultura.

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Aggiornato il 25 ottobre 2024 alle ore 10:24