Sassolini di Lehner
Cercando il pelo non nell’uovo, ma nell’uomo, si corrono rischi. La mia affettuosa amicizia con Silvio Berlusconi ebbe una crisi pressoché irreversibile per il mio viziaccio di manifestare quello che penso. Ritenevo, al di là delle vigliacche strumentalizzazioni mediatiche e giudiziarie, che il triangolo di Venere non dovesse mai interferire con la salute dell’Esecutivo del centrodestra. In pieno sisma mediatico su bunga-bunga e cene galanti, andai a parlare con Silvio.
Gli comunicai, alto e forte, senza giri di parole: “Caro Cavaliere, io ti voglio bene e ti stimo, ma debbo ricordarti che il pelo di f. piacque assai a due statisti di rilievo – entrambi direttori del mio Avanti! – comunque li si vogliano giudicare. Ebbene, sia Benito Mussolini, sia Bettino Craxi, uomini sicuramente erotici, talora, sbavarono per le belle donne, ma nessuno dei due pensò mai di elevarle al seggio parlamentare o, addirittura, al Governo della Nazione”.
Berlusconi non la prese bene e, infatti, non ricevetti più le sue preziose e care telefonate. Ne ricordo una al di là del bene e del male e per la quale il caro Silvio fu indiziato dai giornalisti organici alla sinistra o al grillismo cronicizzato di oltraggio alla santissima Unione europea. Silvio, pressato da una deputata che lamentava una presunta mia persecuzione ai suoi danni, abbandonò i lavori di Bruxelles e si attaccò al telefono per pregarmi di lasciarla in pace. Io ribattei che non era una questione personale, ma un serio problema politico: “Ogni volta che le segnalo, attraverso il suo segretario, un problema del Pdl nel territorio di sua responsabilità, mi viene risposto di rivolgermi a Italo Bocchino. Sì, proprio Italo, che in questo momento sta per associarsi a Gianfranco Fini nella ingrata e micidiale opera di sabotaggio a te e al Pdl”.
Continuammo per quasi mezz’ora a discutere e Silvio non smise mai di chiedermi di non criticare l’onorevole fanciulla. I trenta minuti di assenza ingiustificata e tutta telefonica gli costarono i rimbrotti degli europarlamentari e della stampa nemica.
Certo, Silvio era uno capace di vera amicizia e ci teneva a preservare quella persona, alla quale teneva come un padre. Che ritenesse l’amicizia un grande valore, lo confermò, del resto, verso Vladimir Putin, demonizzato dall’intero Occidente, salvo Silvio Berlusconi che, anzi, esponendosi al pubblico ludibrio occidentale, si schierò con Putin e criminalizzò Volodymyr Zelens’kyj.
Codesti episodi pregressi mi autorizzano a dire all’amico Gennaro che fare politica o divenire ministri non sono la più opportuna e ragionevole pista di lancio per le gioie d’alcova. In due sull’altalena fu un bel film, ma niente altro, perché l’arte della politica la insegna Machiavelli e non la si lascia nelle mani da cocomero – verde di fuori, rosso dentro – di Angelo Bonelli.
Capisco che non possedere un aspetto attraente genera complessi – Gennaro non s’è mai avvicinato neanche al sosia di Alain Delon e, certo, Luchino Visconti non l’avrebbe mai invitato a prendere il sole nudo sugli scogli contigui alla sua villa di Ischia – ma diventare per un agosto, “moglie mia non ti conosco”, argomento del giorno, facendo scomparire guerre, crisi, problemi nazionali ed internazionali, debito pubblico, balneari e Ue in agguato, è stato veramente troppo. Non fa da perfetta compensazione neppure l’encomiabile botta di eterosessualità che, per qualche giorno, ci ha liberato dall’omosessualità dovunque presente ed imperante (troppa frociaggine e poca mascolinità, noterebbe Papa Bergoglio).
Comprendo che l’estrema distanza da Delon o da Brad Pitt possa generare magone, ma non capisco e, anzi, stigmatizzo sempre chiunque compensi con la conseguita postazione di potere l’avvenenza che non c’è. Non sono tra coloro che gli hanno intimato le dimissioni, perché lo ritengo ben più preparato e colto dei ministri precedenti, che, fra l’altro, tanto per citare i veri danni erariali di sinistra alla dormiente Corte dei conti, dilapidarono milioni di denaro pubblico per filmetti da nausea o a vantaggio di quei “poveretti” esteticamente e cinematograficamente velleitari della Famiglia Elkann.
Alla fine dell’Odissea, Gennaro ha fatto la cosa giusta: si è dimesso ed è tornato ad Itaca. Gli auguro, ora, di scrivere un altro bel libro, di presentarne uno mio – come fece varie volte anni fa – di tornare sulle sudate carte e di stare accanto alla moglie. Gli auguro anche serenità e buona salute fisica e mentale, dopo lo stressante e soffocante linciaggio mediatico. La sua vicenda ci insegna o ci rammenta di rimanere coi piedi per terra e con lo specchio a portata di occhi.
La gita sul pianeta Eros resta il valore aggiunto dell’esistere, a condizione che la scampagnata tanto onesta appaia, e sia, senza tranelli e ricatti sotto il letto.
Teniamo a mente tutti noi, resi orfani della tartaruga addominale, stante il perfido scorrere dei lustri: nessuna bella signorina bionda ci corteggerà, non somigliando per nulla a Raoul Bova, a meno che non si divenga nel tempo miliardari, premier, pontefici o duca di Windsor. Juan Carlos, per soddisfare appieno l’arsura poligamica, dovette, per 39 interminabili anni, caricarsi sulle spalle il pesante regno di Spagna, mica la modica quantità di un impiego ministeriale.
Aggiornato il 09 settembre 2024 alle ore 14:54