“Con il caso Giovanni Toti la democrazia ha perso” ha sostenuto il Guardasigilli Carlo Nordio. Ma è un concetto, quello espresso dal ministro, che certa sinistra ha dimostrato di non capire (facendo finta?). È quella stessa sinistra che ha gioito al momento delle dimissioni del governatore ligure, soprattutto per il presunto riottenimento della libertà per la Regione prigioniera, a loro dire, insieme a Toti. Un falso, perché l’Ente ha continuato a funzionare regolarmente in questi mesi mentre, oltre che alla patetica manifestazione di piazza rigorosamente “all’ombra”, quei signori ben poco hanno fatto di politicamente rilevante per far dimettere l’ex Mediaset: ha fatto tutto la magistratura, le cui scelte sono state poi maldestramente cavalcate dalla destra. La quale, anziché ricordarsi che ogni tanto plaude strumentalmente e tenuemente al garantismo, è stata costretta stavolta a battere le mani alla graduale sconfitta della democrazia.
È giusto rammentare per l’ennesima volta che Giovanni Toti si è ritrovato agli arresti domiciliari prima ancora di essere processato, e dopo un’inchiesta durata quattro anni, durante la quale si è tenuta “sotto scopa” qualsiasi mossa del presidente. Ed è anche giusto ricordare che lo stesso, più o meno chiaramente, è stato messo di fronte ad una scelta da chi sta indagando: se vuoi uscire dai domiciliari ti devi dimettere dall’incarico. I “garantisti per caso” hanno vilmente taciuto: d’altronde, se per due volte consecutive non sono riusciti a battere il governatore uscente alle urne – contro Raffaella Paita prima e il fattaiolo Adriano Sansa poi – non approfittare della situazione alla quale si sono loro malgrado trovati di fronte, sarebbe stato da stolti. E così facendo, hanno buttato alle ortiche quel poco che era loro rimasto di impalpabile garantismo, pur di arrivare alle elezioni anticipate (dai pm) in terra ligure.
Aggiornato il 29 luglio 2024 alle ore 10:41