Cosa c’è da conservare

Chi credesse che io critichi esclusivamente l’attuale – e anche quella in atto da circa trent’anni – politica culturale della destra di governo, sappia che l’alternativa (non mi riferisco alla sinistra che è altrettanto mancante e dunque non certo migliore dei conservatori) a FdI, rappresentata dal Movimento indipendenza capeggiato da Gianni Alemanno non sta messa in condizioni più felici. Basterebbe leggere il programma del manifesto del forum di Orvieto che si terrà nella bella cittadina umbra dal 26 al 28 luglio, per rendersi conto che anche in questa compagine sovranista esiste lo stesso problema, antico e inossidabile: un pressoché totale disinteresse per la cultura e tutto ciò che la riguarda, dall’arte alla letteratura, dalla musica al teatro e al cinema, anche se il tema antibellicista mi trova concorde. E dunque non si poteva concepire (no, evidentemente pretendo troppo) che anche il campo artistico e culturale avrebbe da dire qualcosa sul fermare un eventuale conflitto bellico?

Il titolo del forum è: Non c’è niente da conservare. Portare anche in Italia il cambiamento epocale. Invece c’è da “conservare” o, meglio, da difendere, proteggere, tutelare e salvaguardare, ma non nel senso in cui lo intendono i nostri pensatori filogovernativi e soprattutto atlantisti, nel senso più nobile del termine, c’è moltissimo. Soprattutto laddove l’arte, la cultura, la bellezza dell’Italia e dell’Europa vanno protette da una barbarie volta a disintegrare e annichilire ogni vera forma di civiltà degna di questo nome, dominata dal “pensiero unico” dalla cancel colture e dall’ideologia woke. Soltanto così, soltanto valorizzando questi fondamentali aspetti, queste virtù essenziali al buon governo e alla vita politica e sociale di una nazione e di un popolo si potrà “portare in Italia il cambiamento sociale”. Se qualcuno tra i convenuti visiterà il duomo cittadino, osservando gli affreschi di Luca Signorelli, potrebbe anche immaginare che quello che hanno davanti ai loro occhi, è proprio ciò che va conservato. Perché quelle immagini sono la nostra cultura e la nostra tradizione, il nostro retaggio. La parola “identità” è oggi abusata, la lascio volentieri ha chi ha poca fantasia. Peccato, anche Alemanno che di tutti i vecchi “ex” colonnelli di An era quello cresciuto con la formazione culturale migliore stia già fallendo, totalmente dimentico o forse illudendosi di poter costruire qualcosa di valido e duraturo senza le fondazioni solenni della cultura in ogni sua forma. Non ci sarà mai nessuna sovranità italiana, senza valorizzazione del nostro immenso e unico patrimonio culturale, se ne facciano una ragione i “sovranisti” e i “conservatori” attuali, e magari, dopo averci pensato su provino a trov are rimedio… non è difficile, dai, basta sforzarsi un pochino e se non ci si arriva subito… domandare… del resto domandare è lecito e rispondere è cortesia. Le cose cambiano ma restano poi le stesse, perché gli stessi sono sempre gli attori della recita e sempre lo stesso è il copione.

Quanto poi alla “cortesia”, insolita parola che deriva da “corte”, implica antiche virtù cavalleresche, prima tra tutte l’Amore. Amore per il nostro Paese, per la sua storia plurimillenaria e per la sua sterminata bellezza, diffusa ovunque, persino a Orvieto. Ma non so quanti saranno quelli che convenuti sul palco, si commuoveranno davanti ai suoi tetti di cotto indorati dal sole al tramonto, perché quella bellezza è la “cultura” di uno stato che voglia essere sovrano veramente. Ma nessuno ne parla, nessuno la nota, nessuno soprattutto la difende, la “conserva”, quella bellezza, quindi di quale indipendenza vagheggiamo? Giustamente si vuole fermare il massacro che sta avvenendo silenziosamente, perché i media non ne parlano, non soltanto in Palestina e in Ucraina ma anche in un luogo che non fa notizia come l’Armenia e in altri ancora più ignoti e ignorati dai più. O forse l’arte armena non va “conservata”? O forse si pensa di poter affrontare il problema spinoso e ritorto dell’ideologia gender senza prima aver chiarito i concetti estetici ed etici che l’arte cristiana – e non solo quella – ha perfettamente illuminato per duemila anni? Cultura non pervenuta. Ecco perché il “pensiero unico” ha facile gioco, perché in realtà l’opposizione conservatrice è carente in alcuni punti delle proprie difese, ignorando da sempre che è la cultura il collante essenziale e imprescindibile del nostro mondo antico, della nostra Europa ridotta a un mercato governato dalle banche centrali, le stesse banche che trattano le opere d’arte da milioni di euro per interesse speculativo e non certo per amore della bellezza.

Perciò, proprio così come è profondo il Pozzo di San Patrizio ad Orvieto, abisso che chiama l’abisso, la destra di governo e non più di lotta, si ritrova sullo stesso piano del Movimento indipendenza, entrambi incapaci di concepire un progetto, di disegnare un orizzonte aperto, di avere una visione che presupponga l’idea, il pensiero luminoso di una forte base culturale che vada dal Connemara ai monti di Romania, dalle isole d’Islanda alla fortezza crociata di Malta, ricordando che il centro, il cuore pulsante di quel mondo antico e glorioso, un tempo, si chiama Italia, dove sono nate e cresciute l’Arte e la Bellezza. Ma di queste nessuno si ricorda tranne quando una sciamannata turista si arrampica sulla copia d’una scultura e fa indignare mezzo Paese… è un po’ poco, lasciatevelo dire.

Aggiornato il 26 luglio 2024 alle ore 16:33