Putin e guerra termonucleare globale (cit.)
A partire dal 2002, le modifiche al Codice della strada (Cds) – che sono state battezzate nuovo Codice della strada – sono innumerevoli. Il Cds è stato modificato appunto nel 2002, nel 2007, nel 2008, nel 2009, nel 2010, nel 2011, nel 2016, nel 2017, nel 2018 due volte, nel 2020, e quest’anno. Dieci modifiche in ventidue anni. Ovviamente, l’idea è di aumentare la sicurezza nelle strade. Parallelamente, le norme sull’obbligo di assicurazione portano il peso della bilancia a favore delle compagnie assicurative. I proprietari e conducenti di auto si adeguano.
L’alternativa è il trasporto pubblico. In questo settore l’investimento degli Enti pubblici è lento e discontinuo. Le metropolitane di Roma, Milano e delle altre grandi città sono ancora insufficienti. Le interconnessioni tra i vari sistemi di trasporto sono spesso illogiche e di difficile comprensione. È indubbio che nella quasi totale assenza di innovazioni, le strategie per soddisfare i criteri dell’obiettivo 2030, in termini di emissioni, è affidato più alle restrizioni del codice della strada che non alle infrastrutture. Oltretutto, sappiamo che concretamente l’inquinamento italiano è in regola sulle carte, meno nella realtà.
La ragione del nostro fiato corto in fatto di trasporto, tanto per ripetere un concetto finanche abusato, è la carenza di programmazione. Questa mancanza è sistematica. Ancora ampie aree del Paese, da sud a nord, sono scollegate. L’iper-infrastrutturazione del Nord è infatti molto meno reale di quanto si creda. Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, persino l’Emilia-Romagna e la Toscana hanno la rete stradale e ferroviaria incompleta, specie nelle aree montane. Le dorsali collegate restano quelle classiche, dai tempi dell’Antica Roma. Nelle aree montane e interne, però, il sistema viario comincia a collassare, tra piogge, alluvioni, frane, mancanza di manutenzione. Inutile dire che una gran parte delle carenze riguardano le ex strade provinciali, orfane delle province. In una condizione di variazione normativa costante, e quindi in una situazione di incertezza normativa, il viaggiatore medio italiano deve sopportare costi enormi, sia economici che in termini di tempo. E anche il tempo costa. Quel che va connesso con questo discorso, nella visione d’insieme, è per quale motivo gli italiani non si rendano conto di come i trasporti siano essenziali per la terza economia continentale. Non ci rendiamo che l’incapacità di programmare si accompagna all’inconsapevolezza del ruolo internazionale che abbiamo.
Non abbiamo considerazione delle connessioni logiche tra strade, ferrovie, aeroporti e trasporto urbano. Meno siamo consapevoli, più multinazionali e Paesi esteri cercheranno di appropriarsi dei nostri asset. Per questa via, accettiamo la decadenza della nostra sovranità e dell’economia regionale e nazionale. Più questo processo avanza, meno comprendiamo per quale motivo la nostra libertà di andare a trovare la nonna la domenica sia intimamente connessa con le grandi opere e persino con la difesa che le nostre forze armate devono garantire. La programmazione serve per capire queste connessioni.
Più evitiamo di affrontare il tema della programmazione, meno comprendiamo perché l’investimento nel sostenere la libertà ucraina è per noi necessario, ancor prima che conveniente. Eppure, anche se viviamo con fastidio l’idea di pagare i parcheggi, l’autostrada, le assicurazioni, i disservizi stradali e dei trasporti pubblici, non ci ribelliamo all’idea che un malato di totalitarismo come Vladimir Putin possa imporci una guerra nella nostra Europa, secondo le regole para-zariste russe. Bisogna tornare a pensare alla programmazione come uno strumento per capire l’importanza della libertà e il pranzo di Pasqua da nonna, la stretta connessione tra loro, così come il diritto a leggi e regole che non cambino ogni anno. Questa comprensione ci allontanerebbe dalla guerra termonucleare globale come fu rappresentata nel film Wargames - Giochi di guerra, nel 1983. Lì era ridotta a gioco, qui rischia di essere concreta, se non riprendiamo il discorso sulle libertà e sui programmi economici. Buona Pasqua. Riflessiva.
Aggiornato il 29 marzo 2024 alle ore 20:09