#Albait. Ferragni, geopolitica, il totalitario Putin

Che relazione esiste tra l’affaire Ferragnez-Codacons, la Russia e l’instabilità mondiale, compresa quella nel Mar Rosso? Per rispondere a questa domanda dobbiamo porne un’altra: da cosa è composta la pubblica opinione? Da fatti? Da persone? Dai giornali? Karl Popper rammentava che non esiste la società, quindi non esiste nemmeno la pubblica opinione. Esistono opinioni personali. Vince l’opinione che riesce a essere ripetuta più volte. Con l’avvento dei social, può vincere l’opinione che passa attraverso inserzioni e sponsorizzazioni massicce. Sembrano cifre irrisorie, ma la ripetizione di messaggi per qualche migliaio di euro porta a investimenti importanti. Il meccanismo social è più scorretto persino delle indicizzazioni dei portali. Mentre per le indicizzazioni contano gli indirizzamenti verso una data pagina, più o meno ripetuta su siti sparsi nel mondo, i social badano al sodo. Ci vogliono soldi.

Il recente conflitto Codacons-Ferragni-Fedez è una dimostrazione di questa realtà. È la parte più ludica ed evidente di un fenomeno che brucia milioni di valore di uno dei brand italiani più conosciuti al mondo, ma che destabilizza anche le nostre istituzioni, in un altro versante. Analizziamo. L’attacco alla corazzata della famiglia più web d’Europa è stato lanciato da un’associazione che per tre anni, da quando era stata denunciata nel giugno 2021 per truffa da Fedez, ha sistematicamente fatto esposti per qualsiasi iniziativa benefica della coppia celebrata, nel bene e nel male, nel Sanremo 2023. Il Codacons questo Natale l’ha spuntata. Sembrerebbe che nello scontro tra il massimo della capacità d’uso dei social contro il massimo delle capacità di uso degli strumenti legali, prevalga la seconda. Ma questo, solo perché esiste un sistema giudiziario, in uno Stato sovrano. La vittoria attuale di Carlo Rienzi, al di là dei giudizi che verranno, non cancella l’influenza che può essere esercitata attraverso i social. E infatti può darsi che la coppia Ferragni-Fedez possa essere costretta a recedere dalla posizione di mercato conquistata. Il know how dei Ferragnez però è enorme. Non è difficile immaginare che sopravvivranno come leader del web, col loro nome o per conto di altri.

Allo stesso modo, grazie al web, noi viviamo in prima linea nello scontro bellico. Siamo perennemente sotto attacco russo, per effetto della loro ormai famosa guerra asimmetrica. E non solo dei russi. Questa guerra asimmetrica segue le stesse regole generali delle promozioni e dell’industria della comunicazione di prodotto. La prova della guerra sta nel modo di trattare alcune notizie in molti articoli e trasmissioni di approfondimento. Come è spesso costume nei dibattiti italiani, con lodevoli eccezioni, come quella di Serena Bortone, si danno informazioni con pesi diversi. Spesso, senza spiegare in cosa consista un fenomeno. Sentiamo spesso parlare di guerra asimmetrica, ma ancora nessuno ha capito di cosa si tratti. Un’amica, informata e colta, mi ha infatti chiesto cosa sia questa guerra asimmetrica.

Mi corre l’obbligo di spiegare. Guerra asimmetrica è dire sì che gli ostaggi israeliani siano oggetto di stupri quotidiani, sia gli uomini che le donne, ma accusare Israele di non rispettare i diritti umani o, peggio, di genocidio, quando un quinto della popolazione israeliana è arabo, mentre in molti Paesi arabi è difficile trovare un ebreo e, presto, nemmeno un cristiano. Guerra asimmetrica è parlare di fantomatici nazisti ucraini, senza dire con chiarezza che la Russia si è trasformata in uno Stato totalitario, un quinto reich di marca russa, con forti connotazioni razziste. Guerra asimmetrica è ripetere a pappagallo che gli ucraini non combattano per la loro libertà perché sarebbero servi degli imperialisti occidentali, ma trattare i saluti romani della commemorazione di Acca Larenzia come di un’espressione commemorativa equivalente ad un atto di dolore.

Guerra asimmetrica è chiedere lo stop dell’invio delle armi all’Ucraina, ma chiedere di liberare la Russia dalle sanzioni, in modo da lasciare che le fabbriche russe tornino a produrre le armi di cui Vladimir Putin ha disperato bisogno. Guerra asimmetrica è nascondere il fallimento russo sia industriale che militare, oltre che politico. Guerra asimmetrica è continuare a ospitare la fantomatica geopolitica, di ispirazione duginiana (Aleksandr Dugin, il padre di una ragazza uccisa con un’autobomba forse dagli stessi russi), e quindi russa. Guerra asimmetrica è nascondere il collegamento evidente tra la guerra all’Ucraina, il controllo delle carovaniere in Africa, le guerre sante del Centrafrica e del Sudan, gli attacchi al commercio internazionale delle milizie dei fanatici islamici in Yemen, l’operazione terroristica partita da Gaza, le posizioni irredentiste serbe, la propaganda antioccidentale di molti canali internet e partiti italiani e persino le parole usate da Donald Trump nella sua campagna elettorale. Guerra asimmetrica è mettere in dubbio che i vaccini possano funzionare, solo per inoculare il virus del dubbio nei confronti delle nostre istituzioni, delle nostre capacità di reazione, della nostra informazione, per quanto quest’ultima sia rappresentata talvolta, o spesso, da articoli o talk show poco inclini a raccontare i fatti, ma a diffondere pregiudizi.

Dobbiamo mettere insieme queste informazioni e disinformazioni con chiarezza. Le democrazie occidentali sono ricche e hanno forza a sufficienza per combattere il regime totalitario di Putin, per garantirci la libertà, ormai sparita in Russia, e magari continuare a vestire le orribili pantofole della coppia sanremese del 2023, a dimostrazione che qui, nel vituperato Occidente, si può fare proprio tutto.

Aggiornato il 25 gennaio 2024 alle ore 09:02