Il primo pensiero è quello di rendere la giustizia “rapida ed efficiente”. Inoltre, una giustizia rapida “può essere una giustizia iniqua” però “una giustizia lenta è sempre una non giustizia, una giustizia denegata”. Questo il pensiero del Guardasigilli, Carlo Nordio, nelle comunicazioni al Parlamento sull’Amministrazione della giustizia, sottolineando quell’impatto negativo dei ritardi che “ci costano due punti di Pil”.
Nordio, a seguire, precisa che non verranno mai toccate le intercettazioni “nelle inchieste su mafia, terrorismo o gravi reati”. Allo stesso tempo, una “razionalizzazione della spesa è necessaria”. Il ministro, sempre sulle intercettazioni, parla dell’adozione di un tariffario unico, che è valido per tutti gli uffici giudiziari, e che rende i compensi stabiliti obbligatori e vincolanti. Passando poi alla durata dei processi – con i valori al 30 giugno 2023, in confronto con quelli del 2019, anno di riferimento fissato dal Pnrr – risulta “una diminuzione del 19,2 per cento nel settore civile e del 29 per cento in quello penale. Particolarmente decisa è la riduzione in quest’ultimo anno nel settore penale – prosegue – con meno 17,5 per cento rispetto al primo trimestre del 2022, grazie a un aumento consistente dei procedimenti definiti. La durata media di un processo penale, in tutte le sue fasi, è scesa al di sotto della soglia dei mille giorni. Saranno sempre tanti, ma sempre molto meglio della lunghezza biblica che connotava la nostra giustizia penale, e purtroppo, in certe parti, la connota ancora, negli anni precedenti”. Pure i tempi in ambito civile risultano in calo, “un po’ più lieve, rispetto al primo semestre del 2022, ma si registra un andamento positivo del tribunale e della Corte d’appello. Riguardo all’arretrato civile, gli ultimi dati segnalano un’accelerazione nella tendenza di smaltimento, in particolare nel tribunale, che è l’ufficio che finora ha dimostrato le maggiori criticità”.
Così, invece, sulla separazione delle carriere: “Nel 1988 c’è stata una serie di osservazioni di giuristi e magistrati”, secondo i quali “conferire questi poteri immensi al pubblico ministero come capo della polizia giudiziaria, mantenendo i poteri che ha, senza essere controllato, è un pericolo. E infatti abbiamo visto dove siamo arrivati”. In più, evidenzia: “La separazione delle carriere fa parte del nostro programma, è un impegno che abbiamo preso con i nostri elettori e non è negoziabile. Se la riforma si vuol fare, con un minimo sindacale si può fare con una riforma costituzionale, che ha dei tempi. La separazione delle carriere è nel programma di governo e non andremo alle calende greche”.
Tra l’altro, “cinquemila e passa procedimenti all’anno per un reato di abuso d’ufficio significa il 10 per cento di deflazione dei processi penali, perché il processo di abusi d’atti d’ufficio è uno dei più lunghi e dolorosi che esistano. Sono udienze che si protraggono per settimane: alla fine cinquemila e passa processi e poi al massimo cinque condanne”.
Nordio, alla fine, sottolinea: “Stiamo cercando di capire se la carcerazione preventiva possa essere contenuta, per quei 7-8 giorni che passano dall’arresto in flagranza alla liberazione, in stabilimenti diversi dal carcere, perché molta parte dei detenuti entrano. Perché c’è l’arresto in flagranza, che è obbligatorio, e dopo tre o quattro giorni escono a seguito dell’interrogatorio di garanzia. Quando faremo il nuovo codice di procedura penale rimedieremo anche a questo”.
Aggiornato il 17 gennaio 2024 alle ore 18:13