Senza una revisione radicale delle Nazioni Unite, che rischiano di rimanere prigioniere del paradosso evocato dal suo Segretario generale, le democrazie del mondo presente sono in pericolo. “Il mondo è cambiato, le istituzioni no”, ha recentemente ribadito António Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite.
L’incapacità dell’Onu di agire come moderatrice nella risoluzione di conflitti, catastrofi umanitarie e guerre è stata evidenziata anche dal presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, ma anche la crisi umanitaria a Haiti, la guerra nello Yemen, le minacce all’unità nazionale in Libia e le crisi politiche e sociali in Burkina Faso, Gabon, Guinea, Mali, Niger e Sudan, nonché il rischio di un colpo di Stato in Guatemala e gli attacchi allo stato di Israele sono un esempio concreto di incapacità politica. In Italia, il tema delle riforme in seno alle Nazioni Unite diviene oggetto di urgente attenzione da parte di uno storico partito.
Dal 3 al 5 novembre 2023 a Roma si è svolto il Congresso degli iscritti italiani al Partito Radicale. Nel corso della sua relazione introduttiva Maurizio Turco (a fine testo il video), segretario del Partito Radicale, ha posto la riforma delle Nazioni Unite al centro dell’agenda politica transnazionale. La proposta è quella di superare l’attuale meccanismo istituzionale, politico, giuridico e finanziario dell’Onu per rilanciare l’idea di una Organizzazione mondiale delle democrazie. All’Organizzazione mondiale delle democrazie possono aderire quelle realtà statuali che rispettano i diritti umani, le libertà fondamentali e le procedure giuridiche dello stato di diritto. Il dibattito politico radicale è il frutto anche delle attività e priorità del Partito che sta dando ampio spazio alla vertenza sulla libertà delle donne e del popolo iraniano. Lo scompiglio internazionale e l’emergere di pericolosi conflitti dimostra l’inefficacia contemporanea dell’Onu.
L’attuale guerra in Ucraina mostra l’impotenza del Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, facendo riemergere il mai sopito dibattito sulla necessità di una sua riforma. È noto, infatti, che, per deliberare su una questione non procedurale, è sufficiente che un solo membro permanente (Cina, Francia, Federazione Russa, Regno Unito e Stati Uniti) manifesti un voto contrario perché l’atto non possa essere adottato. Inoltre, l’Onu dipende dai contributi degli Stati membri per finanziare le sue operazioni e le sue agenzie specializzate. Complessivamente il bilancio è aumentato nel corso degli anni, e si nota anche una crescente dipendenza dai contributi non statuali, erogati dagli stessi Stati membri ma anche da organizzazioni non governative e dal settore privato. Ci sono state tante discussioni internazionali sulla necessità di riformare il sistema di finanziamento per ridurre le disparità nei contributi finanziari tra i Paesi ricchi e i Paesi in via di sviluppo. Alcuni Stati affermano che le quote basate sul Reddito nazionale lordo (Rnl) possono comportare oneri finanziari sproporzionati per le loro economie.
Per il 2023, il budget ordinario dell’Onu ammonta a 3,4 miliardi di dollari, quasi un quarto dei quali è destinato a missioni politiche speciali. Tuttavia, la riforma più importante da intraprendere è quella giuridica, rilanciando l’attenzione internazionale sulla costante violazione dei diritti umani nel mondo: l’urgenza politica che il Partito Radicale consegna a tutte quelle realtà organizzative interessate a sviluppare assieme una campagna mondiale per la democrazia. A riguardo è sufficiente ricordare alcuni grandi dossier della nostra attualità internazionale: il genocidio degli Uiguri in Cina, l’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi, le interferenze dei macellai russi nel Caucaso e nell’Europa orientale e la persecuzione, attualmente ancora in corso, del dissidente russo Aleksej Navalnyj.
Aggiornato il 09 novembre 2023 alle ore 10:50