Premierato, dal “consenso del popolo” di Calderoli alle piroette di Calenda

“Tutti si concentrano sulla figura del premier. Ma il punto è il Governo di legislatura. Un Governo solo che per cinque anni si confronta con l’estero, con l’Europa, con i governatori. La polpa è lì”. Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali, è categorico. E, intervistato dal Corriere della Sera, ha una certezza: “Entro la legislatura approveremo sia il premierato sia l’autonomia”. Certo, gli esempi del passato – in prima battuta – non sono confortanti. Parliamo delle riforme approvate del Parlamento e poi bocciate dai cittadini. Lo storico esponente della Lega, però, stavolta dà la sensazione di vedere il bicchiere pieno almeno per metà, se non oltre: “Le modifiche sono circoscritte. E semplici. Le precedenti, invece, riscrivevano parti importanti della Carta”. Una certezza, questa, che è alla base di un convincimento granitico: “Sono convinto che il popolo darà il consenso”. Poi, nel dettaglio, il ministro ricorda che “si attua un punto cruciale: chi governa è scelto dal popolo. Che può sbagliare, ma è la democrazia”. Altro aspetto di cui è sicuro Calderoli è che in Parlamento non si troveranno i voti necessari a evitare il referendum. Ossia: “I due terzi non si raggiungeranno mai. Il confronto è con opposizioni che, prima ancora di leggere il testo, hanno annunciato i comitati del no”. Da qui la conclusione: “È giusto che decida il popolo”. Invece, su quale sarà il ruolo del Presidente della Repubblica, Calderoli sostiene che non ci sarà una deminutio capitis. Insomma, non sarà sminuito: “Conferirà il ruolo di premier a chi ha vinto le elezioni, come è sempre stato. Potrà scegliere il successore, purché in Parlamento e tra gli eletti in una lista collegata al presidente. E continuerà a nominare i ministri. Mi pare un ottimo equilibrio tra valore attribuito al popolo e prerogative del presidente”. Comunque vada, sia l’autonomia differenziata che il premierato “sono due punti programmatici del Governo. Tutti e due si devono fare”.

Di contro, Carlo Calenda resta fedele alla linea. Sì, la linea della retromarcia a tutto gas. Il leader di Azione, proprio come riportato da questo giornale, ad agosto dice: “Il Governo sembra intenzionato a presentare una riforma istituzionale per l’elezione diretta del presidente del Consiglio. È una riforma sbagliata nel merito e nel metodo. Quello che non funziona in Italia è il Parlamento e il rapporto tra Regioni e Stato centrale”. Peccato che l’infografica social di un parecchio tempo prima parla di altro (il Paese ha bisogno di governi stabili ed efficienti, al servizio dei cittadini. Con il Sindaco d’Italia, dopo le elezioni si sa subito chi ha vinto e chi vince governa per 5 anni. Elezione diretta del presidente del Consiglio sul modello dei sindaci delle grandi città). E adesso, al Corsera, prosegue: “Questa riforma parla d’altro, non riguarda il buon funzionamento dello Stato. È una legge che riscrive le regole di un gioco di società tutto interno alla politica. Ciò premesso, mi sento di dire a Giorgia Meloni: perché non lavoriamo piuttosto sul modello tedesco?”. Non solo: “Il Presidente della Repubblica è legittimato dall’elezione parlamentare come il premier e ha il potere, con la sua moral suasion, di evitare o arginare gli errori compiuti dalla politica. Inoltre gioca un ruolo da arbitro. Tutto questo con la riforma non ci sarebbe più e si aprirebbe la strada a una serie di continui conflitti”. Adesso così, domani chissà. In fondo, è un altro giorno. Quanto sostenuto a maggio – “noi siamo d’accordo sull’idea di premierato e sulla revisione del bicameralismo perfetto” e “non credo che il rafforzamento dei poteri del premier rischi di svuotare i poteri del Presidente della Repubblica” – ormai è un ricordo.

Aggiornato il 06 novembre 2023 alle ore 13:50