Il Centro di Renzi a caccia di seguaci, per Calenda è un “progettino”

Ripetere “c’eravamo tanto amati” non serve più a niente. Da tempo. La luna di miele tra Matteo Renzi e Carlo Calenda è durata come un gatto in tangenziale. Il ticket imbastito dai due è servito per ritagliarsi un proprio orticello, prima che ciascuno prendesse la propria strada. Che ha, come obiettivo più vicino, l’Europee del 2024. Un po’ in anticipo, certo, però così va. Evitare liti, da destra a sinistra, è il mantra di tutti.

Ma torniamo al punto di partenza. Renzi ha annunciato di volersi candidare con un nuovo soggetto, Il Centro. Non solo: punterà a prendere i voti di coloro che, per un istante, hanno guardato al Terzo Polo. Con un occhio attento anche ai delusi del Partito Democratico e di Forza Italia (mentre il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, nel corso della presentazione della festa dei Giovani Azzurri, ha sibilato “Italia Viva? Italia viveva”).

Renzi ha spiegato di non avere intenzione di lasciare l’Europa nelle mani “di sovranisti alla Le Pen” e di “populisti di sinistra”. Così, democristianamente, proverà a buttarsi nel mezzo, un luogo politico “affascinante” dove intercettare anime in pena o soggetti in cerca d’autore. Beppe Fioroni è già salito in carrozza. Stesso dicasi per Angelo Sanza e Peppino Gargani. L’ambizione è scardinare l’area moderata della maggioranza. Contemporaneamente, l’ex segretario del Partito Democratico ha intenzione di tornare sul “luogo del delitto”, ossia nel mare magnum dei dem. Un’area, questa, che è stata messa nel mirino. Per una sfida. Ma anche per capire dove fare acquisti.

Dall’altro lato della barricata, Carlo Calenda sta illustrando i punti e le virgole di quel Fronte repubblicano che sarà lanciato a ottobre con una costituente. Porte aperte per liberali, riformisti, popolari e, forse, pure per qualche passante di professione. Al contempo, ha definito Il Centro “un progettino”, a cui sono seguiti quei “tanti auguri” che hanno il classico sapore della gufata da stadio.

Calenda, parlando di Renzi, ha raccontato – in una intervista al Corriere della Sera – che “il campo largo non esiste”, che con il Pd possono essere portate avanti battaglie comuni su “grandi emergenze italiane” (salari, Pnrr, sanità). Anche se ha ammesso che la linea di Elly Schlein, segretario dem, su ambiente, Jobs Act e spese militari “non mi convince per nulla”.

Questo il pensiero del leader di Azione, che davanti allo spauracchio di un Terzo Polo frantumato e consegnato, nel giro di un amen, all’irrilevanza, ha giurato: “Sono convinto del contrario. Gli italiani capiscono sempre di più che non devono farsi prendere in giro da chi propone soluzioni semplici a problemi complessi e poi non riesce a realizzare nulla di quanto promesso”. Da qui le note a margine sul Superbonus “la più grande spesa regressiva e ingiusta mai fatta” e sanità “è urgente intervenire... servono due miliardi. Altri 8 miliardi servono per personale medico e infermieristico”.

Infine, ha confessato che l’attuale Governo è sulla strada giusta su alcune cose, come “la norma sull’abuso d’ufficio” e le intenzioni “annunciate sul nucleare”. Dopotutto, è tempo di campagne elettorali, di fusa e di salamelecchi. Per la coerenza, invece, c’è sempre tempo.

Aggiornato il 05 settembre 2023 alle ore 14:45