Nel corso dell’incontro di ieri tra il ministro della Giustizia, Carlo Nordio e l’Unione delle Camere penali “c’è stata la condivisione di un preciso e netto cronoprogramma, che avevamo già scandito d’intesa con gli altri colleghi sottosegretari. Entro fine aprile-metà maggio avremo un primo pacchetto di norme, ovviamente da sottoporre al necessario contraddittorio”.
Queste le parole di Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia, a Radio 24. Lo stesso Sisto annuncia che ci sarà “una sorta di sistema componibile tra riforma dell’abuso d’ufficio, del traffico di influenze, riforma della prescrizione, interventi sulla figura del pubblico ufficiale e dell’incaricato di pubblico servizio e normative per contrastare le baby gang”.
Sul fronte del processo, “ci saranno interventi sulla possibilità per il pubblico ministero di appellare le sentenze di assoluzione e sull’informazione di garanzia, che non deve essere più una condanna anticipata. Sullo sfondo – insiste – poi c’è il grande tema delle intercettazioni telefoniche”.
Insomma, “è un cronoprogramma ambizioso ma concreto e in linea con le esigenze del Paese. Dal momento in cui, in tempi ragionevolmente brevi, queste norme avranno un volto provvisorio – termina – partirà il confronto per consentirne la definitività”.
Nel frattempo, il ministro Nordio chiarisce: “Il reato di tortura è un reato odioso e abbiamo tutte le intenzioni di mantenerlo. Il Governo non ha nessuna intenzione di abrogarlo”. Parole, queste, scandite rispondendo a un’interrogazione durante il question time.
Nordio, nel dettaglio, sottolinea che sono due le “carenze tecniche” del reato di tortura che devono essere affrontate. Nel primo caso, mentre la Convenzione di New York “circoscrive le condotte della tortura a quelle caratterizzate dal dolo specifico”, ossia attuate “per ottenere un risultato ulteriore, in questo caso informazioni, punire o discriminare”, “il nostro legislatore, optando per una figura criminosa caratterizzata dal dolo generico, ha eliminato il dato distintivo della tortura rispetto agli altri maltrattamenti, rendendo concreto il rischio di vedere applicata la disposizione ai casi di sofferenza provocate durante operazioni lecite di polizia”.
Nel secondo caso, “si è fuso in un’unica fattispecie il reato delle figure criminose di tortura e maltrattamenti inumani e degradanti, considerate sul piano internazionale figure distinte e meritevoli di trattamenti differenziati. Sottoporre i due illeciti al medesimo trattamento sanzionatorio è una scelta non ragionevole e non imposta dai vincoli internazionali. Sono questioni tecniche, ma vi posso assicurare, parola d’onore, che il reato di tortura rimarrà”.
Aggiornato il 30 marzo 2023 alle ore 13:38