Dove va Elly Schlein? Ha vinto l’affabulazione

Quanto costano i “diritti”? Soprattutto quelli non essenziali delle società del benessere, che fanno finta di nulla a proposito del fatto che quelli mancanti sono proprio i diritti fondamentali di cui sono privi i quattro quinti della popolazione mondiale, Cina e Russia compresi. Una sinistra che si rispetti avrebbe dovuto rivendicare esattamente questo nella sua propaganda politica: lotta dura senza paura a tutte le autocrazie, guerrafondaie ed economicamente globaliste, in cui i diritti di base dei loro popoli sono letteralmente azzerati, tipo quelli della libertà di espressione, di informazione e il diritto di voto, come in Cina. Ingredienti dolce-amari questi ultimi, che fanno funzionare il cuore delle democrazie occidentali, pieno di dolorose spine a causa delle loro contraddizioni interne e della mancanza di leadership continentali coese e unitarie, in grado di contrapporsi con una forte controspinta alle decisioni dittatoriali degli autocrati che ci sfidano. Invece, noi andiamo divisi, parolai e ondivaghi contro un mare demagogico forza nove che ci viene incontro, favorendo così il nostro (inevitabile?) naufragio etico e politico. Ed Eddy Schlein ci metterà molto del suo qui da noi per portarci a questo disastro. Sarà un effluvio di diritti a parole (come la settimana lavorativa ultracorta di Maurizio Landini e il reddito universale grillino), senza mai fare i conti con il portafoglio vuoto della Nazione; senza una proposta strutturata su come un vuoto ed irenico pacifismo possa trascinare a trattare qualcuno che, per accordarsi con me, mette per prima cosa la sua pistola carica sul tavolo.

Nella visione distopica di Schlein, è lecito chiederle “chi”, secondo lei, sia chiamato a costruire la ricchezza reale della Nazione. La libera impresa o quella vetero-socialista della programmazione centralizzata, in cui tutti hanno diritto, a prescindere dai loro meriti individuali, a uno stipendio e una casa, senza darsi innanzitutto da solo le risorse per pagarsela? La Costituzione dice che “la Repubblica italiana è fondata sul lavoro”, ma non nel senso che un’occupazione te la garantisce lo Stato, ma perché quest’ultimo, nell’esercizio di quel sacro diritto individuale, non intervenga con legislazioni distorsive e improprie a privilegiare il ceto e il censo o a favorire determinate classi sociali. La ricchezza vera non può che derivare dalla operosità delle donne, degli uomini e dei cittadini in genere di una Nazione. Non ci sono pasti gratis: occorre guadagnarseli giorno per giorno. Lo Stato, cioè, non deve alterare le posizioni dei singoli al comune nastro di partenza della vita, astenendosi altresì dal privilegiare alcuni a danno di altri. Questo e non altro chiede la nostra Costituzione, salvo a tutelare i più deboli e indigenti con una dignitosa assistenza pubblica. Weimar non ha insegnato nulla alla sinistra socialista (e a quella “grillotta”, confusa ma di complemento), quando per acquistare una banale forma di pane servivano chili di banconote? In quale rapporto Schlein si vuole porre con Francoforte e Bruxelles? Qual è la sua soluzione per l’Africa disastrata che ci inonda di profughi economici pur essendo un continente ricchissimo, ma governato da leadership criminali (scafisti e milizie armate compresi!) che fanno scempio dei loro popoli e li riducono in miseria?

La nuova segretaria del Partito Democratico, pur invisa agli iscritti del suo stesso partito, ma che nei gazebo ha beneficiato del “soccorso giallo” dei contiani grillini (responsabili negli ultimi anni dei loro governi dello sfascio del debito pubblico italiano, favorito dai bonus a pioggia pandemici gestiti da Giuseppe Conte), quali pensa che siano i rapporti geostrategici che l’Europa e l’Occidente devono intrattenere con Paesi come Russia, Cina e India? Tenuto conto politicamente che, in particolare, Pechino e Mosca non hanno nessun riguardo per i diritti degli africani, di cui le grandi autocrazie, come accadde all’epoca dei nostri imperi coloniali di due secoli fa, sfruttano cinicamente risorse territoriali, materie prime e leadership corrotte. Decidendo per di più senza mediazioni (vedi la Russia in Medio Oriente, che ha potuto bombardare tranquillamente e indisturbata i rivoltosi anti-Assad) quale fazione armata, dittatura o gruppo politico vada sostenuto e mantenuto a ogni costo al potere, senza alcun rispetto per i popoli, né la minima considerazione per l’osannata dea della multilateralità, così cara alla sinistra di Eddy Schlein. Di che cosa parla quest’ultima oggi? Né del Che, né di Karl Marx, a quanto pare, che non trovano spazio nella sua demagogia affabulatoria. Si calca ossessivamente la mano sui diritti lgbtq+ senza capire che sono già tutti “ricompresi” nella tutela della persona umana, per cui non occorre stare lì a specificare il bisogno ossessivo di altro.

E, invece, così facendo si proietta una minoranza a un vero e proprio ruolo di lobby di potere mondiale (facendola odiare dalla maggioranza silenziosa degli elettori moderati), dato il suo monopolio di fatto sui media globali, in cui le sue rivendicazioni riecheggiano e fanno da motivo conduttore nelle prese di posizione della politica progressista “politically correct”, vedi l’esempio americano della Alexandra Ocasio-Cortez. È lì che ci vuole portare la Schlein? Perché resta fuori dubbio l’obbligo per tutti della difesa della “diversità” e della libertà sessuale degli individui (purché non contravvenga alle norme del codice penale), ma non se quest’ultima vuole farsi collettivamente “Potere”, perché in questo è assolutamente lecito combatterla da parte di chi dissente, come si farebbe con qualsiasi altra fazione politica avversa. C’è da temere che in assenza di grandi idee e progetti politici, al di fuori del solito mantra del solidarismo, dell’apertura alle migrazioni indiscriminate, per tutto il mandato di Schlein si svolgerà una guerra di parole contro l’attuale Governo, abbinata alla solita tiritera estenuante sulla combinazione delle possibili alleanze a sinistra, imprimendo un forte impulso per il sodalizio elettorale con il Movimento Cinque Stelle. Exit, quindi, Stefano Bonaccini, con il suo atteggiamento pragmatico, costruttivo e concreto, per cui le cose prima si realizzano e poi se ne parla, con particolare riferimento alla necessaria flessibilità del confronto dialettico maggioranza-opposizione, che deve essere orientato a ottenere risultati tangibili nell’interesse del Paese e di tutti gli Italiani. Una grande occasione persa per il Pd, che ha scelto ancora una volta di essere il Partito dell’aria fritta, quello che gioca perennemente di rimessa, aspettando il minimo inciampo linguistico e controverse scelte governative dell’attuale maggioranza per varare campagne denigratorie senza fine (vedi il naufragio di migranti in Calabria), con la speranza nemmeno tanto recondita di tornare al potere con le usuali manovre di Palazzo.

Comunque, rimane un fatto incontrovertibile (non fosse altro per l’ordine cronologico) che Giorgia Meloni premier ha “generato” per reazione la risposta Elly Schlein, la prima donna in assoluto chiamata a svolgere le funzioni di nuovo segretario del maggiore Partito di sinistra, oggi all’opposizione. Solo che tra le due non c’è la minima rassomiglianza. Il carisma sta tutto da una parte e l’isteria delle posizioni politiche tutta dall’altra. L’obamiana contro la trumpiana, per ricorrere a un parallelo di Oltreoceano, anche se lo “strain dog” Giorgia Meloni non ha mai collaborato operativamente con Donald Trump, mentre l’ultra-borghese multilingue e multicittadinanza Eddy Schlein ha partecipato attivamente alla campagna elettorale di Barack Obama. Il problema, ora, è che la prima, il presidente del Consiglio, è un’alleata affidabile di Joe Biden e dell’America e sostiene con l’invio di armi la resistenza ucraina. Invece, Elly viene da una cultura di sinistra ferocemente antiamericana che non ha mai sfilato contro i missili del Patto di Varsavia schierati ai confini dell’Alleanza Atlantica, mentre ci sono state incessanti manifestazioni oceaniche contro i missili da crociera occidentali. Per non parlare di un femminismo di facciata politicamente corretto e del #MeToo alla Shlein, che non scende in campo a milioni e milioni contro regimi ferocemente misogini come quelli iraniano e afghano; né si appresta a una battaglia epocale contro l’industria pornografica e il suo atroce sfruttamento del corpo femminile.

Senza poi stare a sottolineare le affabulazioni sinistrorse a proposito delle donne afghane, piombate nel Medio Evo con il ritorno dei talebani, dopo aver rispedito in patria (con ignominia, per la verità) gli “odiati” invasori americani. Secondo Elly Schlein, chi dovrebbe oggi liberare le afghane dai loro persecutori? Quelli di prima che hanno fallito o i “nuovi” che non si sa bene chi siano e dove si trovino? E qual è, infine, la proposta di pace che dovrebbe portare alla fine della guerra in Ucraina? Ci sarà tutto il tempo di vedere all’opera questo nulla cosmico della cacciata dei mandarini del vecchio Pd, perché anche nel loro caso rimane sullo sfondo la legge immortale del Gattopardo, per cui “tutto cambi, affinché nulla cambi”. Soprattutto l’affabulazione della sinistra Pd.

Aggiornato il 03 marzo 2023 alle ore 10:28