Con Sanremo 2023 sembra giunta al capolinea, per raggiunti limiti insormontabili (non solo etici, ma anche giuridici e politici), da una parte la linea trasgressivista (a oltranza) della Rai, dall’altra l’intera politica “culturale” (e non solo culturale) post-sessantottesca della sinistra italiana, rappresentata soprattutto e ancora (fino a quando?) dal Partito Democratico. Quella linea era – ed è – fondata sulla supposizione che non ci fosse, e non ci sia, alcun “limite” alla trasgressione di ogni limite e di ogni tabù. E invece il limite c’è e si presenta, in questi giorni e in queste ore, a chiedere il conto a chi aveva supposto la sua abrogazione d’ufficio, per atto politico e burocratico, e la sua soppressione nella coscienza morale (e nel senso del buon gusto) della maggioranza degli italiani.
Riflettiamo: quella linea esigerebbe un crescendo senza fine di trasgressioni al sentimento comune e popolare della decenza e del pudore. All’ultimo Sanremo si è assistito in diretta anche alla mimesi di un atto omosessuale, oltre che a una quasi totale esibizione delle nudità di corpi maschili e femminili, nel tripudio di quelle minoranze per cui progressismo significa trasgressione di ogni tabù e abrogazione totale di ogni “limite”. Non ci scandalizziamo, ma non possiamo che osservare solo che su quella linea del “sempre più oltre” nell’oltranzismo trasgressivista e progressista al rigore, dovremmo aspettarci che al prossimo (o a uno dei prossimi) Sanremo si mettano in scena sul palcoscenico dell’Ariston reali rapporti omosessuali e si esibiscano complete e totali nudità.
Non siamo moralisti (anche se non indifferenti alle questioni etiche) e non ci chiediamo qui, se questo sarebbe “moralmente accettabile”. Ci chiediamo solo: sarebbe possibile? Non crediamo. E questo perché violerebbe il residuo e basilare sentimento comune del pudore (oltre che del buon gusto) che, per quanto elastico e stressato negli ultimi decenni, persiste ancora come un limite incomprimibile nella maggioranza del popolo italiano (e mondiale), oltre a essere richiamato anche dalla nostra “bellissima” Costituzione, che lo considera unico limite alla libertà di espressione.
E per questo concludiamo che quella linea della politica culturale della Rai e della sinistra è esaurita per raggiunti limiti non di età, nemmeno solo etici, ma soprattutto di natura giuridica e politica. È da attendersi e da auspicare, perciò, non una restaurazione del passato, ma un parziale e graduale ritorno a criteri e valori musicali e culturali più tradizionali e meno trasgressivi, sia a Sanremo, sia alla Rai (i cui dirigenti dovrebbero, a mio avviso, dimettersi o essere sostituiti per fallimento ed esaurimento della loro linea). E forse persino nella politica culturale della sinistra. Ma su un ravvedimento di quest’ultima, date le sue inerzie ideologiche e cecità autolesioniste, è lecito dubitare.
Aggiornato il 15 febbraio 2023 alle ore 11:25