
“La Shoah rappresenta l’abisso dell’umanità. Un male che ha toccato in profondità anche la nostra nazione con l’infamia delle leggi razziali del 1938. È nostro dovere fare in modo che la memoria di quei fatti, e di ciò che è successo, non si riduca ad un mero esercizio di stile”.
Così Giorgia Meloni in un messaggio in occasione del giorno della Memoria. Parole, queste, pronunciate quando è sempre più vicina la tappa dei primi 100 giorni di Governo.
Cosa significa essere al timone del Paese? In un’intervista rilasciata a Donna Moderna, Meloni cerca di spiegarlo. In primis, rivela che la sua vita “è diventata più frenetica, ma non meno entusiasmante… questo ha reso ancor più complicato riuscire a conciliare famiglia e lavoro, ma cerco di mettercela tutta per ritagliarmi più tempo possibile per stare con Ginevra. A volte riesco di più, altre meno, ma ho la fortuna, che tantissimi altri genitori in Italia non hanno, di poter contare su diverse persone che mi danno una mano”.
Dopodiché, spiega che “viviamo in un modello sociale che finora non ha considerato la genitorialità come un valore aggiunto o una risorsa ma come una penalità. E l’organizzazione del lavoro finisce per incidere in modo più pesante su chi è donna e madre. Bisogna invertire questa tendenza”. Pertanto, per il presidente del Consiglio, è necessario “sostenere il lavoro femminile, incentivare le imprese che assumono donne e sostenere tutti gli strumenti, sia pubblici che privati, di conciliazione vita-lavoro. Con questa manovra di bilancio abbiamo già dato primi importanti segnali: abbiamo aumentato del 50 per cento l’assegno unico per il primo anno di vita del bambino, e per 3 anni alle famiglie numerose. Abbiamo esteso di un mese il congedo retribuito all’80 per cento, e quel mese si può usare fino al sesto anno di vita del bambino”. E poi “abbiamo portato al 5 per cento l’Iva sui prodotti per la prima infanzia. Un miliardo e mezzo di euro in una manovra con scarse risorse è stato destinato alla famiglia. Intendiamo proseguire su questa strada e fare di questo tema uno degli obiettivi di legislatura”.
A seguire, Giorgia Meloni racconta: “Sono cresciuta con l’idea di non meritare nulla. Non mi sento mai pronta e ho sempre paura di non essere all’altezza. Ma credo che questa paura sia anche la mia forza. E quello che mi spinge a non smettere mai di studiare, a essere così pignola e a voler dimostrare anche più di quello che a volte sarebbe necessario. Non so se questa possa essere definita “sindrome dell’impostore”. Preferisco una parola straordinaria che usano i greci: meraki, fare qualcosa con tutto te stesso, con tutta la tua passione e con tutta la tua anima”.
Meloni, infine, dopo aver sottolineato che “la coscienza è l’unico giudice davvero disinteressato di cui disponi”, sulla scelta di farsi chiamare presidente al maschile, chiarisce: “Ma, guardi, questa vicenda è nata soprattutto da un disguido. Sicuramente io penso che la parità uomo-donna non si risolva dicendo “insegnanta” o “capatrena”. Ma, a parte questo, gli italiani possono chiamarmi come preferiscono. Anche Giorgia”.
Aggiornato il 27 gennaio 2023 alle ore 16:02