Chiarezza sì, “annuncite” no, sennò il rischio di cadere in qualche trappolone post campagna elettorale (taglio dell’accise che tagliato non è, senza fare nomi) è alto. Il tema di questi giorni vede insieme due questioni che premono all’interno dell’alleanza di centrodestra: il presidenzialismo e l’autonomia.
Il primo è un punto caro a Giorgia Meloni. O meglio, è una sua priorità: già ha avuto modo di spiegare che l’obiettivo è arrivare a dama entro questa legislatura (che scadrà, salvo contraccolpi, nel 2027). Il presidente del Consiglio, sul tema, ha le idee chiare: consentire una stabilità con la “S” maiuscola e allo stesso tempo poter godere di Esecutivi che siano frutto di indicazioni popolari chiare, non dei cosiddetti giochi di Palazzo. La leader di Fratelli d’Italia strizza l’occhio al sistema francese (con il Capo dello Stato eletto dal popolo che a sua volta nomina il primo ministro sulla base del risultato elettorale) perché “più condiviso”.
Come delineare il percorso? Per Meloni ok alla Bicamerale, ma lo strumento deve essere “utile”, altrimenti è “dilatorio”. Inoltre, come ribadito a dicembre, non esclude un’iniziativa del Governo “ma se è più coinvolgente nessun problema che parta dal Parlamento”. Proprio sul tema è di queste ore l’intervento di Alessandro Cattaneo (Forza Italia) a Radio24. Il diretto interessato assicura che il ministro per le Riforme istituzionali e la Semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati, sta lavorando sulla materia e “ha messo sul tavolo alcune proposte possibili per un presidenzialismo maturo e adeguato al nostro Paese. Ne discuteremo a breve”. Poi sull’autonomia differenziata, nota: “Siamo un po’ più avanti rispetto al presidenzialismo, non fosse altro perché ci sono stati anche dei referendum, ormai diversi anni fa. Forza Italia ha una linea chiara: noi siamo favorevoli all’autonomia, fatta salva la necessità di una particolare attenzione alla revisione dei livelli essenziali delle prestazioni, che va fatta prima, e al fondo di perequazione. Detto questo, uscire dalla spesa storica in favore della spesa standard è sacrosanto. Da sindaco, ho portato avanti questa battaglia anche per i Comuni”.
E proprio sull’autonomia è evidente che ci siano delle vedute divergenti. L’argomento è uno dei cavalli di battaglia della Lega. Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e leader del Carroccio alle prese con i mal di pancia interni, spara: “L’autonomia sarà una realtà entro il 2023”. E ancora: “Abbiamo una bellissima squadra in Cdm, abbiamo degli amici che a volte partono da presupposti differenti, ma poi arrivano sempre a una sintesi comune. Ed è per questo che sono sicuro che, dopo 30 anni di battaglie, grazie al nostro impegno e al centrodestra serio e compatto della Lega, l’autonomia sarà una realtà entro il 2023”. Aggiungendo: “Federalismo e presidenzialismo, perché noi siamo persone che mantengono la parola data nel programma”.
Ora, tutto giusto. Ma vedere concretizzarsi l’autonomia entro quest’anno è praticamente impossibile. Salvaguardare consenso e orticello va bene, parlare per slogan anche no. La credibilità di un Governo passa anche da qui. Ben venga il pluralismo di posizioni all’interno della coalizione, ma che il tutto sia utile per il raggiungimento di una sintesi condivisa. E non pro domo di qualcuno.
Aggiornato il 16 gennaio 2023 alle ore 16:00