Otto mesi per un lavoro che non c’è

Al netto dei mascalzoni, immorali truffatori e imbroglioni che hanno approfittato del Reddito di cittadinanza pur non avendone diritto (che la Guardia di finanza e le altre forze dell’ordine continuino nella loro opera), mi sembra che il decretarne l’abolizione tout court costituisca un errore fondamentale.

L’Esecutivo sarebbe stato più credibile se, dopo aver ripulito dagli impostori il bacino dei beneficiari, avesse messo innanzitutto mano al sistema-lavoro: chi offre un’occupazione (enti pubblici e/o privati), salario minimo (quindi uno stimolo più “appetibile” per potenziali assunti) ad almeno nove euro. Perché, ad oggi, in otto mesi giusto qualche cane da tartufo riuscirebbe a trovare un impiego; per non parlare poi dei salari che vengono proposti.

È troppo facile stabilire un termine di otto mesi per cercarsi un lavoro e poi addio Reddito di cittadinanza, con il rischio di ottenere pericolose conseguenze sociali. È più difficile, invece, ristrutturare un sistema che non è in grado di assolvere al proprio ruolo: è più agevole mettere con le spalle al muro chi ha bisogno. D’altronde, nessuno potrebbe mai immaginarsi di trovarsi di fronte a soggetti che dovrebbero cercare lavori per terzi e si ritrovano, invece, a dover trovare un’occupazione per loro stessi: siamo riusciti anche in questo.

Aggiornato il 09 dicembre 2022 alle ore 10:25