Messaggio al Governo e al Parlamento: pensate al presente

Il nuovo Governo e il nuovo Parlamento troveranno come eredità della precedente Legislatura un quadro programmatico basato essenzialmente sul “futuro”. Un quadro, però, che per la nuova compagine di Governo o per il nuovo Parlamento poggia sul “presente”. Quindi, non è più possibile assicurare la realizzazione di impegni, di programmi e di azioni concrete che non trovano più nel “futuro” una possibile occasione per tranquillizzare il Paese sulla certezza realizzativa dei programmi e dei progetti annunciati.

Questo particolare momento che conclude un periodo e ne apre uno nuovo, questa fase-cerniera tra certezze solo annunciate e certezze da realizzare penso che rappresenti il primo argomento critico che il nuovo Governo dovrà affrontare. Tento di elencare, solo per il comparto delle infrastrutture, le criticità legate proprio all’esigenza di garantire e non più di assicurare per il futuro la realizzazione di scelte e l’attuazione di opere. Per entrare nel merito di ciò che possa essere l’aspetto complessivo dell’eredità lasciata dall’Esecutivo, riporto un comunicato stampa relativo all’intervento del ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, alla “Settimana europea della mobilità sostenibile” tenutasi il 16 settembre scorso.

Il ministro ha precisato: “Grazie alle risorse europee e nazionali abbiamo programmato per i prossimi dieci anni investimenti per circa 280 miliardi di euro, di cui 209 miliardi già disponibili, che trasformeranno il Paese. Un piano di lungo periodo, ma con effetti positivi anche a breve termine, elaborato in una logica sistemica e integrata, basato sull’evidenza scientifica e approfonditi studi, che accompagnerà tutti i comparti dei trasporti nell’impegno per modernizzare il Paese in un’ottica di sviluppo sostenibile”.

Sempre nel comunicato che riporta l’intervento del ministro, si ribadisce: “Con le decisioni assunte durante il Governo Draghi nei prossimi anni verranno realizzati 700 chilometri in più di ferrovie ad alta velocità e di linee regionali, soprattutto al Sud con una drastica riduzione delle disuguaglianze territoriali, 216 chilometri in più di nuove metro, tranvie, bus vie nelle città, 1.800 chilometri di piste ciclabili urbane ed extraurbane, realizzate nuove connessioni e potenziamenti ferroviari con 11 porti e 13 aeroporti. Verranno effettuati interventi di manutenzione su 2mila chilometri di strade provinciali e regionali, acquistati nuovi treni passeggeri (specialmente al Sud) e merci, rinnovate 55 stazioni ferroviarie al Sud, acquistati circa 5mila autobus ecologici per rimpiazzare quelli più inquinanti, realizzate decine di stazioni di ricarica elettrica e a idrogeno sulle autostrade. Questi alcuni dei risultati previsti grazie agli investimenti aggiuntivi per oltre 94 miliardi di euro messi in campo negli ultimi diciotto mesi dal ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, utilizzando le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), del Piano nazionale complementare (Pnc), dell’ultima legge di Bilancio e dell’anticipazione del Fondo di sviluppo e coesione (Fsc). Gli ingenti investimenti, anche all’insegna della digitalizzazione e della resilienza alla crisi climatica, sono stati accompagnati da rilevanti riforme delle normative di settore (trasporto ferroviario, marittimo, locale) e da modifiche del Codice della strada e del Codice civile per renderli adeguati alle nuove esigenze, nonché dalla pianificazione strategica dei diversi comparti (dalle ferrovie alle strade e alle autostrade, dalla mobilità ciclistica alla sicurezza stradale, dalla portualità alla logistica) e dall’emanazione di linee guida per realizzare infrastrutture sostenibili e resilienti alla crisi climatica. Come risulta nell’Allegato Infrastrutture, logistica e mobilità al Documento di economia e finanza (Def) 2022, gli investimenti programmati per i prossimi dieci anni sono pari a un valore di circa 280 miliardi di euro, di cui 209 miliardi già disponibili. Nello specifico, le risorse sulla mobilità urbana che possono essere utilizzate nell’immediato e per i prossimi dieci anni per il potenziamento del trasporto rapido di massa nelle città sono pari a 8,7 miliardi di euro, per l’acquisto di autobus a basse emissioni (elettrici, idrogeno, metano) sono previsti stanziamenti per complessivi 3 miliardi di euro, per l’acquisto di treni passeggeri e merci 600 milioni di euro e per il potenziamento e lo sviluppo delle ciclovie urbane ed extraurbane sono previsti 600 milioni”.

Leggendo la nota, emerge in sintesi quello che all’inizio avevo parlato di “quadro futuro” perché trattasi di un quadro tutto da attuare che, anche in una fase encomiabile come quella gestita dal presidente Mario Draghi, è riuscito a dare una compiuta apertura di cantieri solo a opere approvate con la Legge Obiettivo sin dal 2011. Ma nessuna delle opere inserite nel Pnrr, almeno per il comparto delle infrastrutture, ha prodotto nuovi cantieri.

Per evitare interpretazioni poco oggettive, sono sicuro che la circolare 30/2022 della Ragioneria generale dello Stato con il supporto del Regis (il cervellone informatico che in modo capillare verificherà l’avanzamento delle opere inserite nel Pnrr e nel Pnc) chiarirà in modo inequivocabile quale sia il reale stato di avanzamento non solo del Pnrr, non solo del Pnc ma anche del Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020 e 2021-2027.

Il nuovo Governo, leggendo questa analitica descrizione, comprenderà quanto sarà complessa l’eredità che prenderà in carico. Una eredità che, purtroppo, dovrà portarlo ad assumere una nuova strategia nei confronti del Pnrr e del Pnc. E questo non solo per la esplosione dei prezzi che automaticamente imporrà un aggiornamento sostanziale dell’importo globale dello stesso Pnrr, quanto della ormai vicinanza alla sua scadenza temporale: mancano solo quattro anni al 31 dicembre 2026 e, osservando le opere strategiche inserite nel Piano, si scopre che partendo domani finirebbero forse tra sei anni (ripeto partendo domani) e mancano anche delle riforme essenziali tra cui la più importante quella relativa al Codice appalti che sarà disponibile solo agli inizi del 2024.

Mentre la scadenza del Pnrr è il 31 dicembre del 2026, c’è un’altra scadenza che è molto più vicina. Mi riferisco, in particolare, alla scadenza definitiva del Programma supportato dal Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020. Sì, quel Fondo che garantì, nel 2014, 54 miliardi di euro anche se ancora non siamo riusciti ad impegnare 30 miliardi di euro. Questo rilevante volano di risorse il 31 dicembre del 2023 lo perderemo definitivamente.

Poi c’è il programma supportato dal Fondo di Sviluppo e Coesione 2021-2027 che dovrebbe assicurare circa 73 miliardi di euro e, allo stato, ha visto già una delibera del Cipes che ha assicurato un’anticipazione di 6 miliardi di euro. Ma anche in questo caso ci avviamo verso un percorso simile al Fondo 2014-2020: una ricchezza di delibere, una ricchezza di impegni, una completa assenza di Stati avanzamento lavori (Sal). Come ricordo sempre, delle risorse del Fondo 2014-2020 sono stati spesi appena 5 miliardi di euro in otto anni.

Altro tema da non sottovalutare è l’aggiornamento delle Reti Ten-t. Aggiornamento già pronto: sarà bene verificare se siano stati difesi i risultati raggiunti con i Piani del 2005 e del 2011. Ricordiamoci sempre che il Fondo delle Reti Ten-t non è consistente ma strategicamente le scelte contenute al suo interno rendono possibile la interazione funzionale tra il Paese e l’intero assetto comunitario.

Potrei continuare a elencare la serie di argomentazioni che vanno affrontate dal prossimo Governo ma mi fermo qui. ancora una volta il presidente Draghi ha dato prova del suo encomiabile comportamento. Infatti, non elenca opere, non elenca impegni ma elenca in modo asettico i dati macro-economici che fra qualche giorno potremo leggere nella Nota di Aggiornamento al documento di Economia e Finanza: in tale documento emergerà che la crescita del 2023 scenderà sotto l’1 per cento contro il 2,4 per cento previsto dal Def di aprile.

Questa previsione fa crescere il debito di 20 miliardi rispetto sempre alla previsione di aprile riducendo gli spazi di partenza della Legge di Stabilità. Questo lo ritengo un punto molto preoccupante, perché non credo disporremo di risorse per incrementare il Pnrr con il bilancio ordinario. Appare evidente la sostanziale distanza tra l’approccio del presidente Draghi e la elencazione delle positività del ministro Giovannini, una elencazione utile per descrivere il “futuro” e inutile per gestire davvero il “presente”.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 25 ottobre 2022 alle ore 10:58