Ponte sullo Stretto: il crollo culturale del Pd

Stimo molto persone come Romano Prodi, Piero Fassino, Pier Luigi Bersani, Paolo Gentiloni, Ugo Sposetti, Vasco Errani, Luciano Violante, Massimo D’Alema, Walter Veltroni, e tanti altri che sicuramente non ricordo in questo momento. Stimo cioè persone che sono state, o sono ancora oggi, all’interno del Partito democratico e non posso non chiedere loro le motivazioni di un atto che penso danneggi, in modo irreversibile, l’intera cultura riformista del Pd. Mi riferisco in particolare a quanto successo sul Ponte sullo Stretto di Messina, cioè su una denuncia alla procura della Repubblica di Roma per aprire un’apposita inchiesta sull’opera. Riporto alcuni comunicati (leggi qui) da cui si evincono le motivazioni.

Non mi meraviglio assolutamente delle dichiarazioni, o meglio delle denunce formali, sollevate dagli onorevoli Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni: la loro è una tecnica ormai consolidata sulla necessità di aggregare il dissenso per tentare e cercare di esistere. Invece, non riesco a capire cosa sia rimasto della cultura storica del Partito democratico su tematiche e su argomentazioni che perseguono, quanto meno, il rilancio strategico della nostra offerta infrastrutturale, del nostro impianto logistico, della nostra efficienza economica.

Più volte ho ricordato che in passato lo stesso Partito democratico (prima Partito comunista italiano, poi Partito democratico della Sinistra e Democratici di sinistra) aveva preso le distanze dal sistema ferroviario ad alta capacità e ad alta velocità. Aveva preso le distanze dalla realizzazione del Modulo sperimentale elettromeccanico (Mose) di Venezia, aveva preso le distanze dalla realizzazione di opere legate alla viabilità come la “Variante di Valico”, aveva criticato e preso le distanze dalla realizzazione del “Terzo valico dei Giovi” lungo l’asse ferroviario ad alta velocità Genova-Milano. Tuttavia mai, dico mai, la critica a opere strategiche mirate alla crescita del Paese aveva visto esponenti del Partito democratico disposti a formulare denunce quali quelle da me riportate prima.

Pier Luigi Bersani, lo ricordo fino alla noia, nel suo ruolo di presidente della Regione Emilia-Romagna in più occasioni e, soprattutto, nelle varie conferenze dei servizi sulla tratta ferroviaria ad alta velocità Firenze-Bologna-Milano, pur in presenza di sindaci del Partito democratico contrari all’opera, non solo difese sempre il progetto ma cercò, in tutti i modi, di costruire le condizioni per il raggiungimento di una approvazione unanime dell’intervento. Stessa cosa fece negli anni successivi l’ex presidente, sempre della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani.

Altro esempio quello legato alla realizzazione della autostrada tirrenica Cecina-Civitavecchia, un asse osteggiato dal mondo ambientalista ed anche da esponenti del Partito democratico. Tuttavia, l’ex presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, appoggiò sempre, soprattutto nelle Conferenze dei servizi, l’intervento. Un altro caso da non dimenticare è quello del Mose di Venezia: l’ex sindaco Massimo Cacciari, pur critico sull’opera, non incrinò mai, in nessun modo, l’avanzamento dell’intervento. E, soprattutto, non ricorse mai a tecniche e a logiche quali quelle seguite dalla attuale segretaria del Partito democratico.

E veniamo sul Ponte sullo Stretto. Sicuramente in passato il Partito comunista prima e le varie evoluzioni di tale schieramento fino all’attuale Partito democratico, non sono mai stati d’accordo sulla realizzazione del Ponte. O meglio, hanno sempre ribadito che l’opera era “sì essenziale ma andava fatta dopo aver realizzato una serie di opere fondamentali per il Mezzogiorno”. Quindi, un comportamento senza dubbio discutibile in quanto, anche se con ritardo, oggi la “serie di opere essenziali” bene o male è stata realizzata o dispone di cospicue risorse perché lo sia. Quindi, meraviglia questa preoccupante azione che il Partito democratico ha avuto sulla realizzazione del Ponte, sia durante la discussione della Legge di stabilità 2023, sia durante il dibattito del decreto legge sulla riattivazione della Società dello Stretto, sia – infine – nel dibattito sulla Legge di stabilità 2024. Un comportamento che è esploso, in modo che ritengo patologico, proprio con questa denuncia alla procura della Repubblica di Roma.

Sento, quindi, come dicevo all’inizio, l’urgenza di rivolgermi a quelle personalità del Partito democratico che non credo possano sottovalutare, o rimanere impassibili, di fronte a un simile atto che mette in evidenza una linea politica, uno schieramento politico della sinistra del Paese non solo contrario alla “modernità” o al rilancio strategico della nostra offerta infrastrutturale e della nostra coerenza alle scelte della Unione europea ma, addirittura, connivente con quegli schieramenti politici innamorati, da sempre, della decrescita del Paese ed in particolare del suo Mezzogiorno.

Lo so: a pochi mesi da una verifica elettorale come quella del nuovo Parlamento europeo, mi sembra difficile che le personalità della sinistra da me prima richiamate possano sottoscrivere un atto contrario a quello della segretaria Elly Schlein. Ma almeno spero che qualcuno di loro riconosca che attaccare il Ponte, come aver attaccato l’alta velocità ferroviaria, come aver attaccato la Variante di Valico o l’autostrada tirrenica o il Mose, non solo non produce consenso ma mette in luce il crollo culturale e la perdita di coscienza di Stato che uno schieramento importantissimo della sinistra del Paese ha avuto da sempre e che d’improvviso, come se colpito da un virus epidemico, ha perso proprio in questo ultimo periodo.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 09 aprile 2024 alle ore 11:53