Ogni competizione elettorale implica un certo grado di incertezza perché non si sa quale coalizione vincerà, quali partiti aumenteranno o diminuiranno i loro suffragi, quali candidati alla fine saranno eletti. Su un punto, però, sembra che stavolta i dubbi siano davvero pochi, data l’attuale convergenza sul fatto che l’Italia avrebbe bisogno di un crescente intervento pubblico, di una ulteriore centralizzazione delle decisioni e, di conseguenza, anche di un incremento del ruolo del pubblico impiego. Le ragioni di questa deriva statalista sono numerose, ma due in particolare vanno evidenziate.
Innanzitutto, le forze politiche di destra, centro e sinistra devono fare i conti con la strutturale preferibilità (sul piano dei “ritorni” elettorali) di ogni politica “peronista”. Oggi come ieri, la demagogia paga e, di conseguenza promettere sostegni, finanziamenti e posti pubblici aiuta quanti hanno bisogno di suffragi. Ben pochi politici, d’altro canto, hanno il coraggio di opporsi a misure politiche anche dispendiose, quando esse sono invocate per risolvere le difficoltà: e questo è tanto più vero nel momento in cui la situazione si sta aggravando velocemente.
Oltre a ciò, dobbiamo fare i conti con un’annosa questione culturale. Da una parte della barricata come dall’altra, l’ostilità nei riguardi del privato, della globalizzazione e dell’impresa è fortissima: e lo si è visto anche nel recente dibattito sui cosiddetti “extra-profitti”. Finché il “fare impresa” in vista di utili sarà osteggiato, perché nella mente di molti è associato a un’azione socialmente dannosa, è chiaro che ci si continuerà a muovere in favore della crescente assunzione di nuove legioni di impiegati di Stato e si proseguirà a chiedere una crescente limitazione della libera iniziativa.
Le difficoltà economiche di questi mesi stanno favorendo tale deriva burocratica, perché siamo ormai entrati in una nuova “emergenza”: non più sanitaria, ma economica. E così come abbiamo accettato misure statali straordinarie e gravi limitazioni delle libertà individuali al fine di contrastare la diffusione del morbo, ora ci apprestiamo ad accogliere anche questa ipotetica ulteriore ondata di assunzioni statali che da ogni parte politica viene invocata. Senza comprendere che continuare lungo quella strada significa aggravare una situazione già molto critica.
(*) Direttore del dipartimento di Teoria politica dell’Istituto Bruno Leoni
Aggiornato il 12 settembre 2022 alle ore 10:57