Elezioni: tira più un calciatore che la politica

In principio il mondo era vuoto e deserto, e le tenebre coprivano gli abissi sociali. Poi arrivò Gianni Rivera. Il suo nome aleggiava sulla bocca dei primi post-comunisti che si scontravano coi primi leghisti e berlusconiani. È vero che il calcio in Italia è il modello assoluto della politica, del matrimonio, delle assemblee di condominio e delle messe cattoliche. Lo confermano quei presidenti di seggio di Palermo che hanno abbandonato la sede elettorale – manco fossero dei badoglini del 1943 – per andare allo stadio a vedere la partita del Palermo che tornava in Serie B. Mica bruscolini. Di sicuro il calcio è la fonte di ogni peccato e dannazione: è peggio di Lucifero, di Caino, di Adolf Hitler, di Vladimir Putin, del centro storico di Detroit e del serpente del Giardino dell’Eden. Siccome però il peccato tira più della virtù, ecco che Damiano Tommasi (ex calciatore della Roma, il quale certo non è né peccatore né un incapace: sto solo facendo una metafora) è arrivato primo alle elezioni comunali di Verona. Quindi un calciatore-politico funziona comunque meglio di Enrico Letta, Matteo Salvini, Roberto Speranza, Marco Travaglio e il Papa messi tutti insieme come acciughe in un vasetto. Però, se capisco bene, Tommasi è sì primo col (massimo) 40 per cento, ma è inseguito da due candidati del centrodestra, la cui somma è pari a oltre il 50 per cento del totale dei votanti.

Questo per dire che è probabile che il centrosinistra allargato a Beppe Grillo, Alessandro Orsini, Antonio Padellaro, cotillon e putipù perda le elezioni in tutte le città capoluogo di provincia. Devo aggiungere che – anche se nessun commentatore politico solleverà il problema, mettendo a nudo la realtà di queste elezioni – in realtà l’alleanza Partito Democratico-Cinque Stelle è una ciofeca pazzesca, al pari di quella del centrodestra. Il centro liberal-democratico, se è vero che ha preso almeno il 15 per cento del voto referendario, potrebbe allora diventare un importante movimento politico entro le politiche 2023 o almeno condizionare il prossimo Governo. Non sto iperbolizzando, oramai è così: se tutti gli abitanti del tuo villaggio sono brutti come rospi, allora ti tocca passare da un amorazzo all’altro, perché magari così troverai un rospo meno brutto degli altri. Se ormai le masse elettorali sono mobili come la donna di cui si canta nel “Rigoletto”, la nuova onda della politica italiana dei prossimi mesi potrebbe essere davvero rappresentata da un pizzico di sangue di Mario Draghi cui aggiungere un filetto di Matteo Renzi e un poco di +Europa. Peccato che tutti aspettino la Calenda greco-romana, che non arriva perché il partito Azione non fa fede al suo nome, fa orecchie da mercante e traccheggia come Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore. Eppure, attorno a quel nucleo potrebbe persino addensarsi qualche cometa delle destre e qualche asteroide del Pd, stanco del togliattismo del ministro Andrea Orlando e delle ottomanie di Padellaro & company. Quindi, anche il centrismo ha dei peccati da scontare, dato che i suoi leader si prendono a calci meglio di quanto non potrebbe fare il candidato sindaco di Verona, Damiano Tommasi. Invece i due Savonarola, Carlo Calenda e Renzi, dovrebbero smettere di comportarsi come la curva sud di un qualsiasi stadio per trasformarsi in cloni di Evagrio Pontico e quindi volare al di sopra delle miserie della società come angeli, o almeno come droni. Lo stesso vale anche per gli altri schieramenti.

Nessuna virtù produce sapienza come la mitezza, a motivo della quale anche Mosè fu lodato, perché era “il più mite di tutti gli uomini” (Evagrio Pontico, Lettere, 36,3).

Aggiornato il 13 giugno 2022 alle ore 14:11