Quirinale, Tajani: “Nessun Piano B finché il Cav non scioglie la riserva”

Antonio Tajani non arretra. Il centrodestra non prevede alcun “Piano B”. L’unico nome possibile per il Colle continua a essere quello di Silvio Berlusconi. A margine della Plenaria del Parlamento europeo, il coordinatore di Forza Italia sostiene apertamente il Cavaliere. “Il centrodestra all’unanimità – afferma – ha chiesto a Berlusconi di candidarsi e tocca a lui sciogliere la riserva e decidere se vuole essere il candidato del centrodestra. Il dibattito è aperto, tutti vogliamo un presidente che raggiunga il maggior numero di consensi e che sia garante della Costituzione”. Quanto al “Piano B”? Per Tajani, “non esistono altri piani per il centrodestra, finché Berlusconi non scioglie la riserva. Lo hanno ribadito tutti. Fin quando Berlusconi non dirà cosa intende fare, il centrodestra si muoverà di conseguenza. Se ha un piano in mente lo comunicherà al vertice del centrodestra per confrontarsi e vedere il da farsi. Il tempo sembra poco per l’elezione del capo dello Stato ma in realtà è molto. E da giornalista ricordo che fino all’ultimo non si scioglie nessuna riserva. Non c’è quindi nessun cambiamento rispetto all’elezione degli altri presidenti della Repubblica”.

Matteo Salvini nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio interviene sul dibattito intorno al voto sul nuovo presidente. “Penso – afferma il leader del Carroccio – a un profilo di alto livello. Su Mario Draghi: Averlo a Palazzo Chigi mi rassicura. Poi non sono padrone del destino altrui. Poi la Lega come primo partito si assume la responsabilità di agire: chi ha più numeri in Parlamento ha onore e oneri di fare una proposta. Mi auguro che tutti possano votare. Se si escludesse qualcuno sarebbe un problema”.

Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, “rispetta” le dichiarazioni del segretario della Lega sul Colle, “ma ognuno – dice in un’intervista al Corriere della Sera – risponde delle proprie. Noi confidiamo che la linea tenuta finora sia quella portante del centrodestra”. Quindi conferma la linea di votare Silvio Berlusconi al Quirinale “se espliciterà la volontà di accettare la candidatura”, sostenendo che in Fratelli d’Italia “non esistono franchi tiratori”. Se mancassero i numeri? “Ne prenderemmo atto. Il centrodestra ha preso l’impegno a trovare soluzioni unitarie. È nella responsabilità di tutti pensare a eventualità successive. Fratelli d’Italia è nel centrodestra ma non delega nulla a nessuno. Anche noi abbiamo i nostri nomi”. Ma quali sono “non li facciamo per non danneggiare l’eventuale candidatura di Berlusconi”. La strategia di FdI è “ragionare insieme, ma nessuna delega a nessuno”. Sul Cav “noi abbiamo detto le cose come stanno. Siamo pronti a sostenerlo ma vogliamo contribuire a verificare le condizioni oggettive. I confronti saranno continui e costanti”.

Frattanto, alla vicepresidente del Senato del M5s Paola Taverna “fa piacere che Salvini stia cambiando idea sulla candidatura di Berlusconi”. Lo dice sempre al Corriere. “Noi – sostiene – abbiamo auspicato una soluzione condivisa con tutti e speriamo che anche gli altri si sentano investiti del medesimo senso del dovere. Nel centrodestra però forse non tutti hanno questa visione. Ribadisco ancora che per noi la candidatura di Berlusconi è irricevibile”. “Per noi l’asticella è molto alta perché significa scegliere la guida del Paese per i prossimi sette anni. Per questo non ci interessa muoverci come chi fa giochi di palazzo negli interessi di singoli o gruppi”, aggiunge. Poi descrive una “figura che abbia tre tratti distintivi: alto spessore morale, che trasmetta fiducia nelle istituzioni e che sia simbolo dell’unità nazionale”. Interpellata su Draghi, Taverna ribatte: “La nostra partecipazione a questo governo, nata nell’ottica di una attiva vigilanza, si sta concretizzando con una leale e proficua collaborazione. Per noi è fondamentale garantire continuità nell’azione dell’esecutivo viste le sfide che ci attendono nei prossimi mesi e ovviamente il premier è una figura centrale in questo disegno”.

Stefano Bonaccini, presidente dem dell’Emilia-Romagna, è convinto Berlusconi che sia “una figura troppo divisiva. Non si è mai visto uno che si candida da solo e in quel modo”. Dunque se questa candidatura andrà avanti, per Bonaccini è un “segno di debolezza della destra e dei suoi leader, Salvini e Giorgia Meloni”. Quanto a ciò che dovrebbe fare il Pd, dovrebbe seguire la via indicata da Enrico Letta in direzione sabato: “Un patto di legislatura”. “Io Mario Draghi lo preferirei premier – ribadisce Bonaccini – ma se lo stallo sul presidente della Repubblica trovasse in Draghi la massima unità a quel punto se dovesse andare al Colle serve tra i leader politici un patto di legislatura per l’interesse del Paese”.

Nel frattempo, il New York Times “incorona” Draghi. Il premier al Quirinale potrebbe “estendere un momento d’oro della politica italiana” inaugurato con il suo arrivo che “ha stabilizzato la politica, fatto passare di moda il populismo e rassicurato i mercati”. Ma dietro l’angolo c’è il rischio che senza la guida dell’ex presidente della Bce si torni “all’instabilità” tutta italiana e alcuni parlamentari temono un “caos politico” che “potrebbe far perdere all’Italia la migliore opportunità da generazioni”. È l’analisi del Nyt che dedica un lungo articolo al premier “in corsa per essere il prossimo presidente, un ruolo potente ma spesso cerimoniale che potrebbe togliergli le mani dalle leve del potere e dai negoziati a livello europeo”.

Draghi, scrive il corrispondente da Roma, “ha trasformato una nazione il cui caos politico ha spesso suscitato derisione in un Paese leader sulla scena europea e ha infuso negli italiani un rinnovato senso di orgoglio”. Ora però lo scenario potrebbe cambiare. “Se Draghi dovesse diventare presidente, affermano i suoi sostenitori, i partiti potrebbero spianare la strada a un nuovo governo tecnocratico – si legge nell’articolo – o unire nuovamente le forze in un altro governo di unità nazionale che potrebbe durare fino a nuove elezioni nel 2023. La solida influenza di Draghi come presidente, è la speranza di alcuni, potrebbe estendere un momento d’oro della politica italiana insolitamente unificata. Ma l’incertezza sul futuro di Draghi ha già scatenato macchinazioni e ambizioni politiche represse, spingendo l’Italia indietro verso un pericoloso, seppur familiare, precipizio di instabilità”.

Per il New York Times, “i parlamentari e molti italiani temono un pasticcio che potrebbe portare a un’amministrazione decisamente meno efficace o addirittura alle elezioni anticipate, cosa che quasi nessuno vuole. Il caos politico potrebbe far perdere all’Italia la migliore opportunità da generazioni per riforme di più ampia portata e modernizzazione, e mettere a repentaglio miliardi di fondi di ripresa europei”. Uno scenario che secondo i sostenitori di Draghi potrebbe essere scongiurato dalla presenza di “una figura della sua statura, e con i suoi rapporti con i leader stranieri e l’attenzione dei media, che potrebbero rendere la sua presidenza più robusta. Sebbene sia una posizione spesso cerimoniale, il ruolo ha anche enormi poteri, specialmente nelle crisi politiche, consentendo al presidente di selezionare i primi ministri e il governo, negare mandati a coalizioni deboli e sciogliere il Parlamento”. Ma, conclude il Nyt, “mentre alcuni si preoccupano di sminuire il suo potenziale successore essenzialmente incoronando re Draghi, altri sono più preoccupati di rimuoverlo dalle leve del potere e dai negoziati a livello europeo nel momento in cui ci sono così tanti soldi sul tavolo”.

Aggiornato il 19 gennaio 2022 alle ore 12:46