La Corte costituzionale ha dunque dichiarato la legittimità del blocco sfratti, che continuerà. Un fulmine a ciel sereno, destinato a pesare grandemente anche sulla ripresa (nella quale si sperava) dell’edilizia, l’attività che più di ogni altra si riversa (vedremo però la sentenza e la sua motivazione) sulle altre (circa 35/40 settori). Fulmine a ciel sereno perché sembrava impossibile che la Consulta potesse dare il proprio avvallo al fatto che, con la scusa della pandemia, si potessero bloccare gli sfratti pronunciati dall’Autorità giudiziaria anche prima che la pandemia scoppiasse. Ma di quanto si è verificato, le conseguenze saranno in ogni caso enormi, non solo e non tanto sul piano economico in generale, quanto soprattutto sul piano psicologico. Già da tempo non c’è più nessuno (una conseguenza della distruzione del relativo comparto) che compri un immobile per ritrarne un reddito, figuriamoci ora. E questo anche senza tener conto degli aumenti di tasse che (con certezza, al di là delle formali smentite politiche, che lasciano ormai il tempo che trovano) conseguiranno alla ormai certa revisione del Catasto, con ufficiale suo mutamento da reddituale (come da sempre, dallo Stato unitario in poi) in patrimoniale (com’era negli Stati preunitari).
La manfrina dei blocchi sfratti dura, praticamente, dal Secondo Dopoguerra (era di fatto cominciata nel 1920, Primo Dopoguerra). Più e più volte i politici hanno detto che non se ne sarebbero più disposti, e sempre li hanno poi bellamente fatti. La Consulta, addirittura, era decenni fa arrivata a dire che un’ennesima proroga, come quella già disposta, sarebbe stata “l’ultima” tollerata. Ma come niente fosse, ne sono seguite tante altre, fino a quella di qualche giorno fa. La gente (piccoli risparmiatori in specie) non crede più a nessuna formale rassicurazione (come quella che si modificherebbe il Catasto solo per aggiustarlo, e non per aumentare le tariffe!). Appena il ministro Maurizio Lupi aveva avuto il dichiarato coraggio di far finire la manfrina, per qualche tempo la quiete nel settore era durata, nonostante tutte le fosche previsioni ammannite per mezzo secolo (nessuno è mai andato a dormire sotto i ponti, come si diceva, e si dice). Poi, la quiete della libertà e del riconoscimento dei diritti proprietari fu rotta inaspettatamente proprio dal blocco ora dichiarato perfetto, costituzionalmente perfetto. E perché? Per quel che se ne sa (la sentenza della Consulta – come detto – non è ancora stata diffusa; del suo contenuto – anche paradossalmente – ha dato notizia l’Ufficio stampa della Corte, come oramai sempre più spesso avviene, i tempi lo esigono) perché il Governo ha dato segni di resipiscenza per il futuro. Come se si potesse ritenere caducato il reato di furto ove il ladro desse segni di pentimento o restituisse parte della refurtiva.
Politici e giudici – è faticoso dirlo, ma bisogna dirlo – scherzano col fuoco. La popolazione chiede che lo Stato si faccia vivo, non solo per esigere le tasse, ma anche per proteggere i suoi diritti (nel caso, proprietari). Ma questo, neppure per sogno. Vetere incrostazioni proibiscono di dare alla gente, quel che la gente (che non sa neppure per che cosa continui a pagare le tasse) chiede, imperiosamente. Si infliggono penalizzazioni a chi non altro ha fatto che sacrifici. Intanto, l’annullamento di fatto della locazione (nessuno crede più nei relativi contratti di diritto privato) comincia a farsi sentire da più parti. La mobilità dei lavoratori sul territorio è resa impossibile. I giovani studenti universitari non trovano più da dormire, fuori sede. E non ci si può neppur lamentare che questo accada e, tantomeno, si può dire che non si era detto (e previsto) quanto sarebbe accaduto. Il Governo dovrebbe almeno dire qualcosa, nel segno della civiltà del vivere e della responsabilità.
(*) Presidente Centro studi Confedilizia
Aggiornato il 22 ottobre 2021 alle ore 17:13