La Cina e la Rivista di studi politici internazionali

È pressoché dedicato alla Cina il fascicolo 2 (anno 2021) della Rivista di studi politici internazionali diretta da Maria Grazia Melchionni. Il saggio ampio di Giulio Terzi di Sant’Agata espone l’atteggiamento delle Amministrazione repubblicane e dell’Amministrazione democratica nei confronti della Cina, annota gli aspetti comuni di questa politica, essenziali al ruolo che gli Stati Uniti intendono avere e mantenere nel mondo, di rimanere la potenza dominante, e le differenze dell’Amministrazione repubblicana di Donald Trump, che si basava fondamentalmente sull’esclusività degli Usa nei confronti della Russia e della Cina.

Quasi una missione che non si ritraeva, tutt’altro, da guerre commerciali, accuse tremende sull’origine della pandemia, tentativi di isolamento della Cina specie nell’area del Pacifico, con India, Giappone, Corea del Sud, Australia. Senza dimenticare la decurtazione delle tasse all’interno, il richiamo dei capitali, i dazi: il tutto per eliminare il vantaggio delle merci e della produzione cinese.

L’Unione europea non aveva posto in questo gioco mondiale per l’Amministrazione repubblicana, anzi se ne auspicava la dissoluzione. L’Amministrazione democratica tende invece a ristabilire legami tra Ue e Stati Uniti in opposizione alla Cina. Anche contro la Russia, ma è un’altra questione.

Giulio Terzi di Sant'Agata prospetta che le democrazie si diano un impegno comune contro l’espansionismo cinese, che non ammette ostacoli né all'interno né all’esterno, e la Cina considera interni Paesi che interni non sono o non vorrebbero esserlo: Hong Kong, Taiwan, luoghi del Pacifico. È una questione gravissima, una collaborazione occidentale piena non esiste: se l’Amministrazione statunitense odierna cerca rapporti con l’Unione Europea bisogna riconoscere che non ha trovato l’unità di intenti che auspicava, sebbene la Nato proclami il pericolo nei fatti la Cina sta compiendo tutto ciò che vuole e misure capaci di farle cambiare politica al momento non ve ne sono.

Birgit Wetzel si occupa della politica dell’Unione europea all’interno dell’Asia centrale segnalandone l’impegno ma anche le difficoltà climatiche, religiose, terroristiche, economiche. Andrea Silvestri si interessa di un altro contenzioso: quello che accade nel Mediterraneo Orientale dove è soprattutto la Turchia che cerca di spadroneggiare, non accettando decisioni formulate per delimitare le zone di influenza e di esclusività.

Il saggio di Filippo Verre verte su quanto la Cina sta compiendo in Myanmar, la Birmania antica: opere colossali, dighe, ponti, città. La Cina compie queste imprese colossali magari lasciandole a metà per tenere sotto controllo i Paesi. Un ultimo saggio riguarda la politica estera della Repubblica di Salò nei confronti dell’Ungheria, lo scrive Melinda Kinld.

Esiste un espansionismo cinese generalizzato, il termine globalizzazione assume un significato reale: c’è una potenza che ha mete di vastissima dilatazione eseguendole con decisa spietatezza. Per quantità di popolazione e di capitali “deve” ampliarsi, diversamente i suoi denari inutilizzati la vulnererebbero. Potrebbe investire all’interno, ma è ben altro vantaggio acquistare in altri Paesi. D’altro canto, molti Stati credono conveniente commerciare con la Cina, specie quelli europei e il nostro in particolare (fino al passato Governo).

Ciò rende impervio sanzionare la Cina: come sarebbe possibile se commerciamo tanto con lei? Inoltre la Cina offre a molti Paesi poveri capitali e imprenditorialità. Insomma, Stati benestanti e debilitati hanno nella Cina situazioni che ritengono vantaggiose. Sicché la Cina dilaga e le frasi che la minacciano restano tali al cospetto dei capitali cinesi.

In questo subbuglio, la Russia non dovrebbe essere spinta nelle braccia cinesi, la politica occidentale finisce con il recare la Russia quasi obbligatoriamente all’amicizia con la Cina, di cui non saprei quanto i russi godano e ad avere ai confini una popolazione con una economia potentissima anche se meno forte negli armamenti, ma è situazione che muterà negli anni prossimi.

Un cordone sanitario contro la Cina auspicato dagli Stati Uniti comprendente anche la Russia avrebbe più valenza? Ma sulla Russia vi sono perplessità o dichiarata ostilità. Al momento la Cina prevale nel Pacifico e in Europa. Non rinuncia ad un milligrammo della sua espansione: l’Occidente, in parte, addirittura commercia con la Cina e lascia in miseria mezzo mondo. Taluni popoli pur di avere capitali sacrificano la libertà al pane e la Cina dilaga.

Una politica di aiuto ai popoli poveri da parte occidentale è vagheggiata, non operata. Il modello cinese di utilizzare i poveri con qualche salario prevale. La Cina lo sperimenta da sé. Sicché incredibilmente la Cina diventa collaboratrice sia con il capitalismo occidentale, sia con i miseri del pianeta.

E noi? Dovremmo rinunciare a commerciare con la Cina, sostenere i Paesi poveri non solo in nome della libertà ma anche del pane o del riso? Purtroppo ci dobbiamo rendere consapevoli, lo vediamo, che sfere del capitalismo occidentale sono incuranti di collaborare con un Paese totalitario – la Cina – e che molti popoli dimenticano la libertà pur di sfamarsi anche minimamente. La Cina vince su entrambi i tavoli: quello capitalistico e quello dei Paesi poveri.

C’è un’uscita oltre la guerra o la resa? Forse un capitalismo che riesca ad attenuare i rapporti economici con la Cina e a potenziare i Paesi poveri, facendone soggetti di scambio reciprocamente vantaggiosi. Forse fare della Russia un soggetto “occidentale”? È possibile? È necessario. Non abbiamo altra via. Lasciare poveri i Paesi poveri e commerciare con la Cina significa spianare il suolo per il suo trionfo mondiale.

Articoli, recensioni, notiziari accrescono la Rivista. Segnalo le note di Giorgio Bosco, che di recente ha pubblicato per le Edizioni Studium le sue memorie di ambasciatore: ne ho scritto la prefazione.

Aggiornato il 22 giugno 2021 alle ore 12:30