
Tra le tante dipendenze che mettono in pericolo la libertà individuale ce ne sta una che si potrebbe definire “la droga a Cinque Stelle” – con molti esponenti politici, anche non grillini, intenti da anni a trafficarla e a “spacciarla” in quantità non modiche – ed è quella che provoca una psico-fisica tossicodipendenza proprio dallo Stato.
Lo Stato non dà ma elargisce e il cittadino diventa un rondinino, un “cittadinino”, che aspetta la mamma proprio come la aspettavano le rondini cucciole nella poesia di Giovanni Pascoli. Che però è una poesia triste. Parla di un papà che non fa ritorno, perché morto ammazzato da un prepotente. Forse un mafioso dell’epoca. E chissà se il consegnare il cittadino al buon cuore di uno Stato, che dà e che toglie a capriccio o a seconda di come si vota, non equivalga a consegnare potenzialmente ogni individuo di quello Stato proprio ai poteri della criminalità organizzata.
Mi ha colpito questa frase del discorso di Matteo Renzi di domenica 20 marzo che evocava proprio – a proposito del reddito di cittadinanza e di altre modalità di governo del Conte uno e di quello bis – la “dipendenza” indotta del cittadino da parte di uno Stato che si dota di leggi ad hoc, per suscitare questa dipendenza.
Per i liberali, anche quelli che non amano Renzi o non credono nella genuinità e nel pragmatismo della sua politica, è comunque uno spunto di riflessione. Siamo sicuri che con tutto questo piagnonismo sulla pandemia – piagnonismo che però nei cosiddetti ristori ha il braccino cortissimo – non stiamo dando ulteriore dipendenza agli italiani da parte di uno Stato che poi è quello che è, soprattutto nelle infrastrutture arretrate di giustizia, carceri, sanità e scuola? Come tutte le dipendenze, anche quella dallo Stato resta sempre un palliativo consolatorio di un fallimento esistenziale. Del singolo come di un’intera popolazione.
Aggiornato il 22 marzo 2021 alle ore 09:51