lunedì 22 marzo 2021
Tra le tante dipendenze che mettono in pericolo la libertà individuale ce ne sta una che si potrebbe definire “la droga a Cinque Stelle” – con molti esponenti politici, anche non grillini, intenti da anni a trafficarla e a “spacciarla” in quantità non modiche – ed è quella che provoca una psico-fisica tossicodipendenza proprio dallo Stato.
Lo Stato non dà ma elargisce e il cittadino diventa un rondinino, un “cittadinino”, che aspetta la mamma proprio come la aspettavano le rondini cucciole nella poesia di Giovanni Pascoli. Che però è una poesia triste. Parla di un papà che non fa ritorno, perché morto ammazzato da un prepotente. Forse un mafioso dell’epoca. E chissà se il consegnare il cittadino al buon cuore di uno Stato, che dà e che toglie a capriccio o a seconda di come si vota, non equivalga a consegnare potenzialmente ogni individuo di quello Stato proprio ai poteri della criminalità organizzata.
Mi ha colpito questa frase del discorso di Matteo Renzi di domenica 20 marzo che evocava proprio – a proposito del reddito di cittadinanza e di altre modalità di governo del Conte uno e di quello bis – la “dipendenza” indotta del cittadino da parte di uno Stato che si dota di leggi ad hoc, per suscitare questa dipendenza.
Per i liberali, anche quelli che non amano Renzi o non credono nella genuinità e nel pragmatismo della sua politica, è comunque uno spunto di riflessione. Siamo sicuri che con tutto questo piagnonismo sulla pandemia – piagnonismo che però nei cosiddetti ristori ha il braccino cortissimo – non stiamo dando ulteriore dipendenza agli italiani da parte di uno Stato che poi è quello che è, soprattutto nelle infrastrutture arretrate di giustizia, carceri, sanità e scuola? Come tutte le dipendenze, anche quella dallo Stato resta sempre un palliativo consolatorio di un fallimento esistenziale. Del singolo come di un’intera popolazione.
di Dimitri Buffa