È sempre colpa del passato, è sempre colpa dell’eredità ricevuta

Spesso ci viene detto, da coloro che attualmente governano il Paese, che l’attuale dramma socio-economico, che il forte debito pubblico, che l’elevata crisi occupazionale siano tutti fenomeni da far ricadere alla cattiva gestione dei passati Governi. Ogni Governo ha trovato una eredità assurda, una eredità ingestibile. Questa tecnica di difesa della classe politica protempore sicuramente costituisce il miglior alibi di sempre per giustificare la incapacità di modificare le abitudini con cui, in un determinato momento storico, si è modificato o non modificato l’assetto socio economico del Paese. Per questo motivo ho ritenuto utile dare per scontato che i quattro Governi che si sono succeduti in questo passato quinquennio abbiano trovato una situazione davvero tragica:

Il Governo di Matteo Renzi ha trovato un Paese in piena recessione con crescita della disoccupazione e con un rating del debito pubblico in peggioramento, anche se non evidente a causa del “bazooka” di Mario Draghi;

Il Governo di Paolo Gentiloni ha solo assistito al passaggio del Paese da una fase di recessione ad una di piena e quasi irreversibile stagnazione con una impennata sia del debito pubblico che del rapporto debito-Pil, a causa della “ristrettezza del sentiero” di espansione della spesa pubblica;

Il primo Governo di Giuseppe Conte ha preso in eredità un Paese con indicatori davvero preoccupanti, con un solo indicatore positivo quello relativo all’export, ma con indicatori macroeconomici sempre più critici per quanto concerne la crescita del Prodotto interno lordo, una fase che potremmo chiamare dell’avvitamento delle politiche economiche, dovute anche a spese operate per fini elettoralistici come “il reddito di cittadinanza” e “il quota 100”;

Il secondo Governo di Giuseppe Conte dal 3 settembre alla fine del mese di febbraio (cioè prima delle azioni di lockdown a causa del Coronavirus) ha prodotto solo un Documento di economia e finanza, non meritevole di essere ricordato, ed una legge di Stabilità in cui unico risultato apprezzabile è stato quello di non aumentare l’Iva. Un risultato che il Governo Conte II ha potuto ottenere grazie all’assestamento di bilancio prodotto dal Governo Conte I che in realtà aveva varato una manovra di circa 14 miliardi di euro per cui il blocco dell’Iva aveva avuto un costo non di 25 miliardi ma di circa 10 miliardi.

Poi è arrivata la pandemia e tutto il quadro programmatico, tutti gli scenari possibili che il Governo giallorosa aveva descritto nei primi sei mesi sono rimasti solo nel campo delle promesse, nel campo degli impegni. Oggi è inutile ricercare i responsabili del passato quando in realtà la pandemia è stata capace di azzerare tutti gli indicatori, tutte le possibili strategie capaci di modificare le tendenze negative che l’economia del Paese aveva accumulato nel tempo. Ed allora, forse per la prima volta, a causa di questo fenomeno esogeno imprevisto, abbiamo cominciato a ragionare, a pensare senza porre come giustificazione primaria le responsabilità del passato. Penso, quindi, che il 2020 possa rappresentare l’anno zero per la definizione delle azioni e delle scelte che nei fatti caratterizzeranno la eredità che questo Governo lascerà ai futuri Governi. Ed è proprio su questa delicata tematica che voglio soffermarmi perché forse non ci si è resi ancora conto che non sarà possibile utilizzare, come giustificazione della stasi e forse del crollo del nostro assetto socio economico, la esplosione inaspettata della pandemia; analizzando attentamente una serie di atti emergeranno alcuni elementi che tento di riportare di seguito da cui appare chiaro che questo Governo sta preparando una eredità non facile, sta preparando un futuro difficile per chi governerà il Paese. Elenco quindi gli errori, le responsabilità ormai tutte leggibili e misurabili:

La incapacità di attivare concretamente quanto previsto dal Fondo di Coesione e Sviluppo, cioè dal settembre 2019 al febbraio 2020 non c’è stato nessun avanzamento nelle opere inserite nei Pon e nei Por, non c’è stato alcun Stato di avanzamento lavori. È una voce che vale circa 28 miliardi di euro, di cui una parte è su fondi europei già oggi esistenti e non su altri fondi;

Non si è cercato di modificare il Decreto legislativo 50/2016 (Codice degli appalti) rendendo praticamente impossibile lo snellimento delle procedure di gara e di affidamento delle opere;

Si è continuato a supportare un provvedimento, quello relativo al “reddito di cittadinanza”, assicurando anche il coinvolgimento di nuovi assunti nelle attività di “Navigator” anche se i risultati del primo anno di attività denunciassero un fallimento della iniziativa ed anche se oltre ai “finti poveri” soddisfatti con questa voce, sia stato necessario per circa 1 miliardo di euro prevedere anche un reddito di emergenza, destinato ai veri poveri della pandemia da Covid-19. Il tutto senza aver messo in atto una politica per il lavoro;

Si è assistito alla crisi della compagnia Alitalia rincorrendo soluzioni completamente antitetiche alle logiche di mercato e supportandone finanziariamente la lunga agonia senza ancora oggi essere in grado di conoscere e di disporre di una politica industriale del settore;

Si è assistito alla crisi del centro siderurgico di Taranto trattando con il concessionario Arcelor Mittal in modo sicuramente perdente e con il rischio di innescare una bomba sociale mai vissuta dal Paese: la perdita di oltre 28mila posti di lavoro tra diretti ed indiretti se non interviene il nuovo green deal europeo a nazionalizzare con l’ipocrisia di convertire in verde l’industria siderurgica italiana che non vive di solo Taranto;

Si sono prodotti dei provvedimenti legislativi come il Decreto Cura Italia, il Decreto Liquidità, il Decreto Rilancio e il Decreto Semplificazioni in cui si sono dichiarate disponibilità finanziarie pari a circa 70 miliardi di euro ma che nei fatti, hanno, almeno per quanto concerne il comparto delle infrastrutture, una disponibilità finanziaria nel triennio 2020-2022 non superiore ai 6 miliardi di euro, visto che una parte consistente di quella liquidità è stata impegnata per eliminare definitivamente le clausole dell’incremento dell’Iva dal nostro panorama nazionale. Una bolletta da oltre 100 miliardi di euro;

Si è a lungo discusso sul possibile annullamento di una politica concessoria nella gestione delle reti autostradali; infatti con il caso “Aspi” crolla una logica tradizionale di coinvolgimento di capitali privati nella realizzazione delle reti autostradali, si impegnano risorse di Cassa depositi e prestiti per un valore che oscilla tra i 7 ed i 23 miliardi di euro, con conseguente spiazzamento degli investimenti pubblici che avrebbero potuto continuare ad essere di mano privata. Indipendentemente dal compromesso raggiunto è crollata la credibilità del pubblico nel rapporto contrattuale con il privato, è crollata una certa idea di economia liberale nel nostro Paese e degli strumenti istituzionali che ne consentono l’attuazione in indipendenza dal potere politico.

Questi errori, queste responsabilità, diventano la eredità che il presidente Conte con il suo Governo lascia ai prossimi Governi e, a differenza del passato, queste responsabilità sono indifendibili perché legate all’assenza di tempestività, all’assenza di coscienza del ruolo e della importanza del fattore tempo ed il settore delle costruzioni è forse la rappresentazione plastica di questa incapacità. In realtà in questi due anni la inerzia ha caratterizzato in modo inequivocabile la politica economica del Paese e la inerzia, a mio avviso, è una eredità che nessuno potrà mai giustificare perché si può sbagliare facendo ma non è politicamente perdonabile sbagliare non facendo.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 22 luglio 2020 alle ore 15:55