Quando s’alza il vento: la crisi pandemica

Dove portano le nuove Vie della Seta? Al sogno dell’Imperatore: campi di rieducazione per gli Uiguri; pandemie da Coronavirus per il resto del mondo; Grande Fratello planetario; Confrontation Usa-Cina i cui piani sono stati elaborati dal Celeste Impero già alcuni decenni fa, esattamente all’epoca della Tienanmen del 1989, quando il denghismo decise di mimetizzare il suo disegno totalitario e imperialista all’interno del guscio accattivante dello sviluppo economico stimolato dal Balzo in avanti, a imitazione del modello produttivo dell’Occidente riconvertito in capitalismo di Stato keynesiano e permanente. Grazie a un meccanismo perverso, mosso dalla sola ambizione del profitto, l’Occidente ha fatto uscire dalle mura della Città Proibita un formidabile cavallo di Troia portandolo all’interno delle proprie fortezze di Wall Street e della City. I passaggi magistrali, vere e proprie mosse del cavallo subite da un Occidente senza più né idee, né strategia (convinto come Fukuyama della fine della storia per aver riportato il successo definitivo sull’Urss e i suoi folli piani quinquennali da economia pianificata), sono stati più o meno i seguenti. In primo luogo, nel 2001 l’ingresso della Cina nel Wto che in poco più di un decennio ha fatto della patria di Mao un gigantesco hub nel quale è confluito, per delocalizzazione progressiva e saccheggio di know-how occidentale, il fior fiore dell’industria americana ed europea ad alta densità di occupazione. Fenomeno quest’ultimo che ha creato il populismo di massa, con la protesta delle Rust Belt americane ed europee e la perdita di lavoro e di reddito di molte decine di milioni di addetti nelle manifatture dell’Occidente industrializzato.

In cambio, la Cina ha offerto agli imprenditori esteri la massima defiscalizzazione dei profitti e, soprattutto, garantito bassissimi costi del lavoro a carico di una classe operaia cinese creata dal nulla, con l’esodo di centinaia di milioni di contadini dalle campagne. Questa enorme forza lavoro proveniente dalla sterminata periferia dell’impero, e disposta a tutto per salari irrisori, si è concentrata nei mostri urbani e nei mega distretti industriali che si andavano rapidamente creando, sospinti da una spaventosa bolla immobiliare generata dalla manna di trilioni di renminbi della Banca centrale cinese. Da qui nasce il fenomeno di cui oggi tutto mondo paga le conseguenze per la pandemia da Covid, causata dalla distruzione degli ecosistemi locali. Per di più, rispetto ai cittadini residenti, quell’esercito di contadini urbanizzati continua ad avere uno status differenziato per cui, in caso di licenziamenti di massa (come è avvenuto nel distretto di Wuhan a causa dell’epidemia), li si obbliga a rientrare nelle loro regioni di provenienza, senza la copertura di ammortizzatori sociali né la garanzia di poter riavere un posto di lavoro. Questa è la flessibilità alla cinese!

La strategia di invasione silente della Cina ha fatto poi un secondo, determinante balzo in avanti accedendo al paradiso finanziario capitalista con il suo secondo cavallo di Troia di “Un solo Paese, due sistemi”, del tipo di Taiwan e Hong Kong, che le ha spalancato le porte finanziarie mondiali consentendo ai suoi campioni nazionali di quotarsi sui mercati internazionali. Appena a un passo dal piazzare il suo occhio planetario digitale vendendo tecnologia 5G ai Paesi occidentali, è arrivato il disastro del Covid che ha scoperto le carte del nuovo imperialismo cinese, che va dagli Stan States (Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan, Turkmenistan, and Uzbekistan, le cui popolazioni sono sempre più insofferenti rispetto all’invasiva presenza cinese!) ai Paesi africani. Lì, le Grandi Vie della Seta e le tecnologie di sfruttamento minerario e petrolifero cinesi hanno già piazzato i loro avamposti, creando un’enorme massa debitoria che non potrà mai essere ripagata dai Paesi beneficiari se non svendendo alla Cina le ricchezze del proprio sottosuolo! Infine, il “giù la maschera!” ha rivelato il disegno imperiale del totalitarismo comunista che si prepara a sfidare gli Stati Uniti anche sul piano militare (ricordate la Trappola di Tucidide?), ribaltando a proprio vantaggio il disastro della gestione Covid da parte dell’attuale Amministrazione americana, per di più scivolata di nuovo nelle sabbie mobili della discriminazione e dei disordini razziali.

In merito, vale l’autorevole commento di The Economist del 5 giugno 2020, secondo cui le rivolte antirazziali in atto offrono una rappresentazione molto approssimativa rispetto al peccato originale del razzismo americano, che non può essere semplicemente rimosso con atti di puro vandalismo incendiando beni altrui con la giustificazione che sia il solo modo per attirare l’attenzione sul problema. Pertanto, se le proteste attuali dovessero degenerare in un regime di sommossa permanente, come fu nel 1968 a seguito dell’assassinio di Martin Luther King Jr. (portatore di un messaggio epocale, rispetto alla tragedia di “Sir, non riesco a respirare!”) i danni conseguenti avrebbero seri riflessi sulle periferie afroamericane. Chi potrà andarsene da lì lo farà. Quelli che resteranno indietro, i meno fortunati, vivranno assai peggio di oggi, a causa del crollo del prezzo degli immobili e della sparizione di negozi e posti di lavoro. Sì, la polizia potrebbe ritirarsi nelle retrovie, lasciando che il crimine prosperi indisturbato: fatto quest’ultimo che a sua volta potrebbe costringere le autorità ad adottare politiche molto più repressive. Le cicatrici rimarrebbero per decenni. “Se dovesse vincere la politica della rivolta violenta, coloro che sostengono la protesta vanno incontro a una ricusazione collettiva della loro richiesta di cambiamento, destinata a essere travolta dalla domanda opposta di ristabilimento dell’ordine pubblico. Al momento di una tornata elettorale per le presidenziali è spesso la paura ad averla vinta sugli ideali di giustizia! Solo una protesta prevalentemente non violenta è in grado di veicolare una vera proposta!”. Da qui i tweet incendiari di Donald Trump che potrebbero spianargli la strada della rielezione. Prendiamo nota…

Aggiornato il 09 giugno 2020 alle ore 12:08