
A poco servono gli inviti all’unità, quando al governo siede una coalizione che dall’origine era viziata dalla mancanza sia di un programma comune e sia dell’armonia politica indispensabile per guidare un Paese. Oltretutto si è voluta consegnare l’Italia a una maggioranza che per radice ideologica è assolutista, convinta di una superiorità morale inesistente, persuasa di avere per diritto il verbo del buon governo e della cultura sociale ed economica più adatta. Parliamo di caratteristiche che sono molto più gravi di qualsiasi sovranismo, specialmente se accompagnate come nel caso dei grillini da una ignoranza, incapacità a governare, che Roma ha dimostrato in modo esemplare. Ecco perché l’errore imperdonabile verso gli italiani è stato fatto all’inizio, quando contro ogni logica, anziché votare lasciando che fossero i cittadini a stabilire una maggioranza chiara e convergente, si è consentito un accrocco politico ipocrita e opportunista.
Del resto se c’è una caratteristica connotativa della sinistra cattocomunista, di quella erede del sant’uomo di Palmiro Togliatti, per non parlare di quella grillina, è proprio di schiacciare e dispregiare, ogni pensiero politico diverso e alternativo. Tanto è vero che già nell’esperienza gialloverde nata grazie ad un tragico errore di Matteo Salvini, si era visto come a mettere assieme forze non omologhe, divergenti, uscisse fuori un pataracchio dannoso e pernicioso, destinato per ciò stesso a non durare. Coi giallorossi poi si è fatto peggio, sia perché il fil Rouge postcomunista che lega la maggioranza è la negazione della cultura dello sviluppo, della crescita economica, del garantismo, sia perché è quello che attraverso l’assistenzialismo, lo statalismo e il clientelismo elettorale ha portato negli anni il Paese alla rovina. Tanto è vero che sopraggiunta la drammatica crisi da virus altrettanto drammaticamente sono venuti a galla tutti i vizi di una cultura politica, economica, sociale, solipsista, assolutista, arrogante e incapace non solo di confrontarsi con le necessità reali del Paese ma di aprirsi ai suggerimenti e alle proposte di un pensiero alternativo nelle scelte e nelle soluzioni.
Come se non bastasse all’interno della stessa maggioranza, proprio perché composta da partiti di radice comunista, sono emersi i difetti di prevaricazione, predominio, tali per cui fra minacce e ultimatum, l’orlo della crisi è sempre presente. Ecco perché tra Pci-Pds-Ds-Pd e grillini e Leu e Italia viva, c’è in corso una lotta senza quartiere, senza esclusione di colpi, tranne che sul potere e l’impedimento che il Paese torni al voto col risultato che sappiamo, figuriamoci dunque in quali mani stiamo. Figuriamoci soprattutto se una coalizione così fatta possa essere disponibile a quella, unità e collaborazione tanto richiamata per superare la crisi e l’emergenza grave che viviamo, parliamo di una condizione impossibile a prescindere, perché la sinistra postcomunista per principio non condivide ma schiaccia e detesta l’alterità politica, culturale, liberale. È la ragione per la quale ogni proposta del centrodestra è stata cestinata, ogni protesta dileggiata e bollata dall’inquisizione radical chic, perché come sempre la superiorità, l’interpretazione autentica dei bisogni sono colorati di rosso, peggio che mai di giallorosso.
Insomma è a sinistra che non si accetta nemmeno per idea la collaborazione sulle scelte per la crisi e per il bene della nazione, perché a sinistra c’è la supponenza che quel bene sia solo nella disponibilità di una cultura e di una politica economica e sociale. La sinistra cattocomunista, radical chic, benpensante, pur di non mollare il potere, il comando del Paese, è sempre stata disposta a tutto, compreso il fatto di precipitare l’Italia in quel socialismo reale, assistenzialista, forcaiolo e statalista, che l’ha rovinata, depredata, indebitata fino al collo. Non si è mai curata di combattere la povertà e la disoccupazione con lo sviluppo dell’impresa, della libertà economica, della produzione di ricchezza reale, l’ha fatto con l’assistenzialismo e lo statalismo perché solo così avrebbe mantenuto sia il controllo e sia il favore elettorale e clientelare. Anzi ha fatto peggio, perché in realtà la sinistra comunista ha sempre avuto bisogno di un certo grado di povertà ed emarginazione, perché senza avrebbe perso sia la ragione e sia il bacino politico di riferimento.
Per farla breve in un Paese sano, liberale, con una economia in grado di crescere e distribuire lavoro e fatturato, con un sistema produttivo che favorito dalla fiscalità fosse in grado di occupare e generare iniziative, con un sistema a burocrazia zero capace di aiutare e stimolare l’intrapresa, che spazio avrebbe avuto il cattocomunismo, il postcomunismo, la rive gauche? nessuno. Ecco perché il comunismo e le sue ipocrite varianti, nella storia ha operato all’opposto, per burocratizzare, complicare la vita all’impresa, alle attività, allo sviluppo, ha operato per scoraggiare la produzione della ricchezza, colpire il patrimonio, comprimere la libertà economica con l’ingresso dello stato, aggravare il negozio giuridico del lavoro, ossessionare di fiscalità la vita. Il cattocomunismo ha bisogno di sudditi, di obbedienti al posto fisso, di clienti che ringraziamo, di enti che eseguano le direttive, di sindacati che rincorrano i privilegi, di un apparato di burocrati che abbiano in mano le necessità collettive, insomma ha bisogno di uno Stato enorme e a disposizione. Ecco perché siamo cresciuti male, storti, con un debito ciclopico, una spesa pubblica da paura, tasse esorbitanti e servizi inefficienti, divisi tra Nord e Sud, ecco perché sono fuggiti gli investimenti, c’è stata la delocalizzazione, l’impoverimento generale, la fuga dei capitali.
E oggi nel mezzo di una crisi, la più grave in assoluto, che rischia di precipitare il Paese nell’abisso, di portarci dritti oltre il punto di non ritorno, che facciamo? Lasciamo il Paese a Conte, ai grillini pauperisti e forcaioli, ai comunisti da assalto al patrimonio, ai cattocomunisti dello stato imprenditore e distributore di posti e assistenza, alla sinistra dell’uso politico della giustizia, pur di non votare e lasciare che l’alternanza liberale e democratica abbia il suo corso. È un atto grave, di compressione della libertà e della voce popolare, di limitazione della democrazia e del sentimento generale, di arroganza verso altre opzioni politiche alternative, perché il cattocomunismo dopo aver rovinato il passato del Paese vuole appropriarsi del futuro e rovinare pure quello. Fateci votare e vinca il migliore, che sia scelto dalla gente e non da qualche “mente brillante” come dice il presidente Giuseppe Conte.
Aggiornato il 08 giugno 2020 alle ore 17:12