Nel diritto internazionale una possibile causa di estinzione o di sospensione dei trattati è la cosiddetta clausola rebus sic stantibus, mottetto latino usato anche nel linguaggio corrente con il significato di “stando così le cose”. Di fatto, significa che un trattato si può estinguere, o sospendere, per il mutamento delle circostanze esistenti al momento della stipulazione. Tale principio è ben precisato nella Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati che negli articoli 61 e 62 prevede proprio la sopravvenienza di una situazione che renda impossibile l’esecuzione di un accordo e specifica quali siano le circostanze imprevedibili tali da costituire un mutamento fondamentale del quadro originario. Non deve essere inserita nel testo dei trattati tale clausola. Appartiene a quei principi generali del diritto che anche se non manifestata esplicitamente vale come condizione risolutiva tacita.

Basti pensare alle plurime sospensioni del Trattato di Schengen negli ultimi anni o a quella del Memorandum bilaterale firmato nel 2008 dal presidente Silvio Berlusconi con la Libia, a causa delle mutate condizioni interne di quest’ultimo Paese. Oggi le cose non stanno affatto così come nel 2012 quando vennero sottoscritti gran parte dei trattati che contemplano i complessi meccanismi di accesso ai fondi europei o nel 2007 quando si diede vita al Trattato di funzionamento dell’Unione europea (Tfue), base giuridica anche della Bce, Mes, Omt, Erf, Fiscal Compact sono singoli trattati concepiti per garantire stabilità finanziaria in zona euro e aiutare un singolo Paese in difficoltà per cause proprie ma non per sostenere globalmente una economia devastata da un evento straordinario e non prevedibile al momento della negoziazione. La situazione attuale sembra un caso di scuola. Se non si riuscisse a trovare un accordo ragionevole tra tutti i Paesi durante il prossimo Consiglio europeo, perché non prevedere questa possibilità.

Una parte, anche in un contesto di gradualità della trattativa, dichiara che sospenderà automaticamente l’applicazione degli accordi in relazione alle inconfutabili circostanze venutesi a creare, in linea a quanto previsto dal diritto internazionale. In subordine potrebbe essere richiesta – e in questo caso concordata tra le parti – la sola sospensione di quegli articoli del Tfue che, relativamente alla Bce, determina il volume del conio delle monete rilasciato a ciascun Paese o vieta il finanziamento monetario proibendo esplicitamente alla Banca centrale di finanziare il deficit statale acquistando direttamente titoli di Stato. Si andrebbe in tal caso oltre il discorso degli Eurobond o dei fondi del Mes che configurano in ogni caso situazioni di prestito. Si inietterebbe moneta agli Stati membri senza pericoli inflazionistici in un clima di compensazioni con gli altri Paesi titolari di valuta forte che hanno immesso sul mercato enormi quantitativi di denaro creato dal nulla. Passata la bufera si ritorna al rigore delle regole comunitarie.

D’altronde, anche la guerra è considerata causa di sospensione dei trattati e non di estinzione. Gli accordi conclusi dagli Stati belligeranti prima di un conflitto, al termine delle ostilità e una volta ripristinato lo stato di pace, possono riprendere i loro effetti, salvo ovviamente quelle convenzioni per loro natura incomparabili con il nuovo ordine. L’attuale pandemia è considerata da molti al pari di una guerra e, allora, perché non mettere sul tavolo proposte compatibili con l’imprevedibile stato di cose?

Aggiornato il 16 aprile 2020 alle ore 13:04