
Giuseppe Conte succederà a se stesso alla guida del governo. Da premier dell’esecutivo gialloverde a presidente del Consiglio dei rossogialli. Una storia di puro trasformismo politico, unica nella storia repubblicana. È questo il primo esito dell’estenuante trattativa tra il Movimento cinque stelle e il Pd. Con i dem che, alla fine, hanno ingoiato il “rospo” (Conte). Parole come “discontinuità” e “svolta” pronunciate da Nicola Zingaretti, ora appaiono espressioni vuote, slogan sbiaditi, politichese da Prima Repubblica fuori tempo massimo.
Il segretario del Pd, assediato da sinistra dai “padri nobili” del partito (Prodi e Veltroni) e da destra (Renzi e i renziani), ha dovuto cedere e dire sì. Anche se, come confidano i suoi fedelissimi, appare provato. Di più, sconsolato. Tant’è. Ma i giorni di passione per il governatore del Lazio sono ancora lontani dalla fine. Già. Perché i “rospi” potrebbero essere due. Dopo l’inaccettabile Conte, pare profilarsi un secondo sì all’odiato Luigi Di Maio. Infatti, il capo politico grillino vuole ripercorrere lo schema del primo governo di questa legislatura: un premier pentastellato (Conte) affiancato da un vicepremier dello stesso colore, insieme ad un altro (prima Salvini, ora un dem).
Per Zingaretti, che ha detto chiaramente che non farà parte dell’esecutivo, è troppo. Il leader Pd chiede un unico vicepresidente del Consiglio democratico. A questo proposito crescono le quotazioni del vicesegretario del partito Andrea Orlando. Inoltre, Zingaretti pretende che Di Maio rinunci al Viminale, così come aveva chiesto nel corso dei numerosi confronti con i dem.
Lo stesso Orlando sostiene che non ci sia un “un problema Di Maio. Ma c’è un problema di struttura di governo. Se c’è un premier del M5s è giusto che ci sia un vicepremier del Pd. Serve a fare comprendere che stiamo entrando in una fase effettivamente nuova”.
D’altro canto, Di Maio risponde furioso: “Si pensi a soluzioni, non a colpire me”. Ma Zingaretti evita le umiliazioni finali e proclama, ancora una volta: “Contro la destra serve un governo nuovo, di svolta, la nostra non è una staffetta. Serve una soluzione condivisa e discontinuità, troveremo nel presidente della Repubblica il giusto equilibrio per affrontare una difficile crisi”.
Intanto, il leader dem incassa l’approvazione unanime dei parlamentari. Ha chiesto “un mandato chiaro per dare al capo dello Stato la nostra disponibilità a verificare con il presidente incaricato la possibilità di dare vita ad un governo per il Paese”.
“La direzione ha dato un mandato in pratica all’unanimità al segretario – ha chiarito Graziano Delrio – stasera ci sarà il nome del premier incaricato, poi c’è tanto lavoro da fare. La strada è ancora lunga”. Per il presidente Pd ed ex premier Paolo Gentiloni, “dalla direzione straordinaria prova di unità”.
Aggiornato il 28 agosto 2019 alle ore 14:52