E se fosse un concorso?

Verrebbe da chiedersi se per paradosso, e a parti invertite, sulla Sea-Watch ci fosse stato il Cavaliere con qualche parlamentare del centrodestra, che sarebbe successo?

Insomma, se deputati del centrodestra fossero stati a bordo, mentre la comandante, infischiandosene di tutto, violava il divieto di ingresso e di attracco e speronava quasi una vedetta militare pur di ormeggiare, che sarebbe accaduto? Apriti cielo, e non ci riferiamo solamente ai giudizi, ai commenti, agli articoli, dei radical chic, degli intellettuali e dei politici di sinistra, ma ci riferiamo anche all’orientamento della magistratura. Del resto in Italia è piuttosto noto quanto il cosiddetto concorso esterno in qualcosa ricorra spesso, dunque almeno la domanda ci sembra lecita eccome.

Sia chiaro, non siamo giuristi, né intendiamo sostituirci ai giudici, ci mancherebbe, ma un po di praticaccia ce l’abbiamo, ecco perché seppure con rispetto ci domandiamo se il concorso esterno ci possa stare. Per farla breve, ci sembra assurdo che un gruppo di parlamentari possa assistere senza intervenire a violazioni tanto gravi e ripetute delle leggi del Paese che rappresentano. Anzi, a dirla tutta, non solo non c’è stato da quel che sembra un intervento per impedire le violazioni, ma addirittura consensi e condivisioni nelle dichiarazioni rilasciate da alcuni. Ecco perché secondo noi le domande ci stanno eccome, oltretutto ammesso che lo stato di estremo pericolo e necessità ci fosse, perché nessun parlamentare sulla parola personale l’ha certificato, garantito?

Insomma, alzare il telefono per dire alle forze dell’ordine, alle autorità costituite, alla Procura, io, parlamentare della Repubblica, sulla parola dichiaro che a bordo ci sono tentativi di suicidio, pericoli concreti e manifesti per la vita delle persone, non sarebbe stato né difficile né strano, non vi pare? Sia chiaro, noi non sappiamo se questo sia stato fatto o meno, ma siamo certi che se ci fosse stata una dichiarazione di assunzione di responsabilità ufficiale sullo stato di necessità estrema, sull’incombente pericolo di vita delle persone, qualcosa sarebbe cambiato. Come se non bastasse, essere a bordo, mentre si vede un comandante che deliberatamente viola un blocco e tenta una collisione con una vedetta militare posta a guardia della banchina, se non è strano è paradossale. Sia come sia, ci viene da pensare che se fossimo stati su quella nave, pur di evitare questa assurda conclusione avremmo fatto fuoco e fiamme, avremmo chiesto di mandare in diretta le nostre dichiarazioni di pericolo eccezionale, avremmo chiamato magari il Quirinale, piuttosto che pensare agli spazzolini e al dentifricio.

Peraltro non si spiega come dai servizi televisivi sulla Sea-Watch questi drammi a bordo non si siano visti; anzi, a dire il vero almeno all’apparenza si vedevano giovani robusti e sani, piuttosto che esagitati e malati in pericolo di vita. Ecco perché diciamo che su un problema grave come quello dell’immigrazione non si può né scherzare né spettacolarizzare, né si può utilizzarlo per una gara muscolare, servono il rispetto delle regole, delle leggi e del buon senso civile. Anche perché è vero che, al di là delle ong, ogni giorno arrivino inosservati i cosiddetti barchini, che approdano nel silenzio generale o quasi. Staremo a vedere gli esiti di un episodio brutto che non deve ripetersi e che, al contrario, deve spingerci ad affrontare con più forza il dramma dell’immigrazione su scala internazionale, perché solo così si può trovare la soluzione più umana, giusta e naturale.

Aggiornato il 01 luglio 2019 alle ore 11:54