
Vedere i medici, gli infermieri e gli addetti ai lavori della sanità fare i salti mortali con il proprio lavoro, senza tregua, giorno e notte, non risparmiandosi per la comunità, per un’assistenza che nel Lazio nonostante i tagli, il commissariamento, è rimasta un’eccellenza anche se percepito poco dai cittadini, ha indotto il consigliere Giuseppe Simeone, Pino per gli amici e non, in quota Forza Italia, stimato da tutti, ad impegnarsi per tutelare gli interessi della salute di Roma Capitale ma soprattutto delle province del Lazio, dove sembra che i cittadini abbiano meno diritti se parliamo di salute e l’onorevole ci spiegherà come mai non si tratta solo di una sensazione ma di qualcosa di tangibile.
Com’è presiedere la Commissione Sanità con Nicola Zingaretti come Presidente della Regione e Segretario del Pd?
È presiedere in una maniera un po’ insolita, perché normalmente i Presidenti delle Commissioni sono omologhi alle maggioranze del presidente che lo elegge. In questa legislatura nata un po zoppa perché Nicola Zingaretti anche se eletto dai cittadini laziali come Presidente della Giunta regionale non ha avuto la maggioranza dei consiglieri e quindi si è avuto lo scorso anno un Consiglio anomalo, cioè coloro che hanno vinto le elezioni hanno preso 24 consiglieri e quelli che hanno perso hanno preso 26 consiglieri. Ne va di questo che nelle Commissioni le opposizioni riescono da sole ad avere delle presidenze come è successo nella mia Commissione alla Sanità, ma anche all’Ambiente, ai Lavori pubblici e alle Attività produttive. In queste quattro Commissioni, le opposizioni hanno la maggioranza dei consiglieri ed hanno eletto il proprio presidente come rappresentante delle opposizioni. La mia Commissione è composta da 13 consiglieri regionali: di questi 13, sette sono appartenenti all’opposizione e sei appartengono alla maggioranza. Quindi è un’anatra zoppa, ma c’è uno spirito collaborativo, perché al di là delle proprie posizioni credo che la Sanità non debba appartenere né alla maggioranza né all’opposizione, ma bisogna trovare necessariamente dei punti in comune per il bene dei cittadini.
Com’è la situazione in provincia rispetto a Roma dal punto di vista della sanità?
La sanità in questa regione paga pegno per via del commissariamento, per una serie di cose c’è una sanità che è percepita dal cittadino in modo un po scadente. Nelle province questa cosa è ancora più evidente perché mentre Roma, attraverso un’offerta più grande riesce a soddisfare l’esigenza del cittadino comune, nelle province ci sono pochi presìdi ospedalieri, pochi distretti che riescono a dare servizi, quindi nelle province è più evidente questo scollamento servizi-cittadino. Mi spiego meglio: la percezione che ha il cittadino nelle province è quella che deriva dallo stato di emergenza che trova nei Pronto Soccorso, dalle liste d’attesa che sono lunghissime e non soddisfacenti nelle esigenze del cittadino, e soprattutto in una cosa anomala, non ha una quota capitaria, che è quella che la Regione corrisponde alle Asl, che in provincia è inferiore rispetto a quello di una qualsiasi Asl di Roma. Quella di Viterbo è diversa da quella di Latina, quella di Rieti è diversa da quella di Frosinone. Quindi non è dato sapere, o meglio si sa qual è il motivo per cui c’è questa differenziazione, però non dovrebbe esserci credo. Un cittadino della provincia di Latina è uguale al cittadino che sta a Roma, ai Parioli o a Malagrotta, la sanità dovrebbe essere uguale per tutti, tanto dev’essere corrisposto al cittadino di Viterbo, tanto a quello di Latina. In realtà notiamo qualcosa di diverso. Il cittadino della provincia di Latina prende qualcosa come 1600 euro, su Roma si sale a 2000 euro. C’è una bella differenza in termini di servizi. La Regione assegna con parametri uguali e poi ha un miliardo di euro da assegnare a secondo del pareggio di bilancio. Più le Asl in precedenza hanno speso male, hanno chiuso in rosso profondo, più ottengono risorse per ripianare quel bilancio. Quindi le Asl virtuose che negli anni si sono mantenute a posto risultano danneggiate perché non prendono tante risorse quanto le altre che hanno fatto buchi economici. Cornuti e mazziati!
Ma ci sono quindi Asl virtuose?
C’erano Asl virtuose, per esempio la provincia di Latina ha mantenuto sempre i punti a posto col pareggio di bilancio. Si è fatta sempre bastare i soldi per l’esercizio corrente. Questo ha determinato anche privazioni nelle scelte, dei sacrifici che ha dovuto fare per mantenere questi conti a posto. Invece in anni passati, altre Asl hanno speso senza problemi anche facendo debiti e poi hanno avuto bisogno di soldi dalla Regione per pareggiare i propri “sbilanci”. Questo è quanto non torna oggi. Per cui si trovano Asl virtuose che hanno i conti a posto che si ritrovano a fare ulteriori sacrifici per restare sempre in pari.
Lei è stato promotore della legge regionale congiunta con un Consigliere del Pd sui precari, in un momento storico in cui la direzione strategica della Asl di Latina è stata molto protettiva sul tema.
Nella mia provincia, Latina, si è verificata un’anomalia. C’era un numero molto consistente di personale che è stato reclutato per far fronte al mantenimento dei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) e quindi con procedure straordinarie hanno preso del personale a tempo determinato, non potendo avviare procedure concorsuali, per rispondere ed assicurare il mantenimento dei Lea. Circa 500/600 persone quindi, da un certo numero di anni, erano precarie dal 2006, sono rientrate in quel progetto di stabilizzazione che ha fatto il governo con il Dpcm 2015. L’anomalia in tutto questo è stata la forma di reclutamento che molto spesso non ha seguito i canoni del reclutamento dei concorsi pubblici, quindi non hanno avuto a monte una procedura di evidenza pubblica di reclutamento dello stesso. Quindi per chiamate dirette o domande spontanee che sono arrivate alla Asl e la Asl li ha presi perché si aveva bisogno impellente di personale, di infermieri, di tecnici di laboratorio, di medici e tanti altri. Questo personale con queste procedure in qualche modo trovavano conflitto a rientrare nel progetto di stabilizzazione stabilito nel Dpcm del governo nel 2015 e si è resa necessaria una legge che andava a qualificare questo ingresso nelle Asl. Quindi siccome il Dpcm diceva che la cosa importante era che avessero fatto almeno tre anni nella Pubblica amministrazione, noi abbiamo detto anche con forme diverse, “con contratti diversi”, anche “con procedure di somministrazione di lavoro” per far rientrare una casistica più ampia e far rientrare anche queste persone in questo progetto di stabilizzazione. E’ stata una grande sanatoria, non c’è dubbio che è stata una procedura straordinaria.
Duemila persone lavorano dentro gli ospedali, soprattutto in quelli romani, a vario titolo e non riescono ad essere stabilizzati. Non riescono a superare le selezioni per accedere ai concorsi. Che tipo di prove sono queste che non si riescono a superare e che tipo di personale è?
In questo caso siamo a Roma e si tratta di personale Os e Osa e infermieri, reclutati attraverso cooperative che hanno somministrato lavoro alle Asl sempre per assicurare il mantenimento dei Lea, al Policlinico Umberto I in primo luogo e all’ospedale Sant’Andrea, qui sono i casi più evidenti per questo personale. Il problema è che ogni volta che si bandisce un concorso c’è quella clausola che se le domande che pervengono sono un numero superiore a cinque volte dei posti a concorso si ricorre alle procedure selettive dei quiz. Questo personale quindi, un po’ perché avanti con l’età, un po’ perché ha tanti turni di lavoro, un po’ perché non è pratico e allenato a fare procedure selettive per quiz, molto spesso non riesce a superare questo primo step. Quindi non riesce ad entrare al concorso, cui si accede dopo essere passato dai quiz. Nell’emendamento che ho presentato nell’ultima legge regionale omnibus, dove era possibile inserire una serie di cose, proprio per superare questa fase, si dice che tutto questo personale che ha svolto per 3 o per 5 anni attività similare per il posto a concorso, questo valeva come procedura di quiz e quindi direttamente poteva essere ammesso al concorso, quindi non stabilizzato tout court, ma saltava la procedura preselettiva. Poi se sono bravi lo superano se non sono bravi lo ripetono, ma almeno si evita di sottoporli ai quiz.
Un caso eclatante è quello del Sant’Andrea che ha dovuto fare un concorso eliminando la prova selettiva, adesso si trova a svolgere un concorso dove partecipano trentamila persone. Gestire un concorso dove partecipano trentamila persone è una cosa pazzesca. Hanno preso i padiglioni della Fiera di Roma per fine giugno, durerà oltre una settimana, si farà a gruppi, è un esercito.
Che cos’è veramente l’ente strutturale e non decisionale, braccio operativo della Regione che si coordina con le Asl, Azienda Lazio.0?
Anche altre Regioni ce l’hanno. Un ente strumentale che collabora con le Asl per una serie di servizi per esempio il mantenimento del patrimonio, per manutenzioni ordinarie e straordinarie, procedure di gara, produzioni di servizi. Il problema che si pone è sempre lo stesso, se al momento attuale le Asl trovano difficoltà per esempio nell’edilizia sanitaria perché non hanno professionalità interne il problema potrebbe ritrovarsi anche in questa Azienda Lazio.0. Se si fa questa Azienda dobbiamo metterla nelle condizioni di poter dare un servizio operativo serio a tutte le Asl del Lazio, quindi deve avere per esempio un ufficio tecnico strutturato per poter rispondere a tutte le esigenze delle Aziende sanitarie locali che stanno su tutto il territorio. Quindi dev’essere bello corposo in termini di risorse, di professionalità, di numeri, anche per ciò che riguarda l’informatica, il software, in modo tale da dare servizi, altrimenti diventa un ulteriore impedimento che si mette tra il servizio e l’Asl. Mentre le Asl si ingegnano con un incarico esterno, con una consulenza a superare il problema, se poi invece deve passare da Lazio.0 e questa ferma o ritarda la pratica è un ritardo sulla erogazione dei servizi che ricade sul cittadino di una settimana, un mese, un anno. Quindi è questo che dobbiamo evitare. Lazio.0 potrebbe essere una risorsa, però se sposiamo questa strada la dobbiamo percorrere tutta, se dobbiamo mettere in campo Lazio.0 dobbiamo dotarla di tutto quello che è necessario per poter fare tutto ciò che serve, altrimenti da opportunità diventa un ennesimo problema.
Vicenda nomine direttori generali: qual è il suo pensiero sui criteri di selezione? Sono stati scelti i migliori? Si poteva fare di meglio?
Sicuramente si poteva fare di meglio, ma meglio sempre intanto è fare qualcosa. Ho notato delle anomalie nella procedura: i direttori generali sono già selezionati a monte e l’abilitazione per poter fare il direttore generale gliela da un’iscrizione ad un albo nazionale. Se sono iscritto a quell’albo nazionale io posso fare il direttore generale, così come se piglio la patente, mi danno il certificato e posso guidare dalla 500 alla Ferrari. Poi posso essere più o meno bravo, ma questo è un altro discorso. Cosa voglio dire: non si può selezionare al fine di dare una “idoneità” a ricoprire l’incarico di direttore generale. Uno può fare una selezione per dare una sorta di graduatoria, ma qui sono state fatte delle esclusioni e hanno concluso con una graduatoria di inclusi ed esclusi e questa è una cosa che non dico vìoli la legge, ma non mi pare molto cristallina. Come ho detto, l’idoneità la dà l’iscrizione all’albo nazionale. Dopo uno può essere predisposto a fare il direttore generale in quella Asl piuttosto che un’altra o un’altra ancora; può darsi che non mi piaccia molto il curriculum di uno o non ritengo che quella persona riesca a soddisfare ciò che mi aspetto per quella Asl. Ma non si può parlare di idoneità e inidoneità. Credo sia stato fatto questo errore e quando si fanno questo errori ci sono i ricorsi, i ritardi, e si da una risposta negativa al territorio, le risposte che dobbiamo dare non riusciamo a darle. Bisogna fare ancora il decreto di reincarico a chi sta nell’Asl, troppi ritardi che si accumulano e si potevano evitare tranquillamente. Oggi la legge assegna al presidente della Giunta regionale la scelta dei direttori generali. Il presidente della Giunta regionale potrebbe pure prendere l’elenco degli idonei, scegliere chi ritiene più confacente a quel ruolo e lo nomina a sua discrezione assumendosi la responsabilità nel bene e nel male, rispondendo delle scelte fatte. Invece in questo modo, in cerca di trasparenza si trova opacità.
Se lei diventasse assessore alla Salute, quale sarebbe la prima cosa che farebbe?
Nessuno è provvisto di bacchetta magica, ma la prima cosa sarebbe l’equità fra tutti i cittadini. Porrei fine a quella questione della differenza di quota capitaria. Non tratterei mai i cittadini come quelli di serie A e quelli di serie B, non darei un importo superiore ad alcuni ed inferiore ad altri. Poi cercherei di dare maggiori risposte nei Pronto Soccorso e di lavorare seriamente per azzerare le liste d’attesa poiché sono un fattore insostenibile.
@vanessaseffer
Aggiornato il 17 maggio 2019 alle ore 17:10