Il nostro agente Philippe

Ma cosa ci fa un eccellente uomo di cultura come Philippe Daverio nel “Circo del Dottor Lao”, alias +Europa? È la cosa più genialmente divertente di queste modeste elezioni al Parlamento di Strasburgo. Vedere un outsider multicolore come il nostro apprezzato storico dell’arte e musicologo Daverio, di nascita e spirito mitteleuropeo, un tempo già in prossimità di attaché culturale della vecchia Lega e per un breve periodo assessore alla cultura di Milano, infiltrato tra le rade fila di Emma Bonino. Un capolavoro d’intelligence e di mimetismo, potremmo sostenere, tanto più riuscito in quanto nessuno di +Europa è ancora stato in grado di capire di avere tra loro il “nemico”.

Sì, perché nessuno più del brillante Philippe è distante dalle idee modeste e appiattenti di ciò che resta dei Radicali. Daverio è un anarcoide individualista, europeista sì, ma la cui bandiera non è certo quella delle banche, piuttosto quella dei popoli, delle regioni, addirittura delle più piccole patrie dell’Antico Continente. Philippe, che nell’aspetto ricorda il medico rinascimentale Paracelso, così come viene ritratto in un dipinto di Quentin Massys, come lui si sarebbe trovato a suo perfetto agio nella caotica Europa del primo Cinquecento, ma oggi deve accontentarsi di questa che è lontana anni luce dallo splendore del Rinascimento.

Daverio sarebbe stato il candidato ideale per qualsiasi altra forza politica che avesse avuto l’intelletto così sano da comprenderlo e portarlo a giocare da “solista” tra le proprie fila, ma naturalmente tutti troppo modesti e limitati per capire questo, hanno favorito il suo correre da “libero” proprio con ciò che meno rappresenta gli ideali di un mondo fatto d’arte, bellezza e cultura. Del resto Daverio, papillon compreso, corre con il Partito Democratico Europeo, abilmente nascosto in +Europa, dal quale emerge con l’astuzia di un sommergibile tascabile e con altrettanta pericolosità.

Perché ciò che lo rende temibile, per i giannizzeri della Bonino soprattutto, è la sua imprendibile mercurialità che da raffinato intellettuale, da storico e amante delle belle arti, lo rende più pericoloso di qualsiasi altra arma politica, in quanto laddove entra la Cultura, il tessuto politico è costretto ad assumere una posizione prona ad esso. Ecco, perché quasi tutti i movimenti mirano ad escluderla. La Cultura è un pericolo, e quindi anche Philippe Daverio, che venga eletto o no, anzi noi – in accordo con i suoi desiderata – gli auguriamo di non esserlo, continuando così imperterrito la propria, personale, guerra da corsa con siluri colorati e variopinti come una pala d’altare dei Fratelli van Eyck.

Aggiornato il 07 maggio 2019 alle ore 10:56